Dopo le polemiche scatenatesi sul web a fronte della lettera inoltrata dall’Associazione On the Road, con sede a Martinsicuro e pubblicata da tutte le testate giornalistiche, Noi de Il Martino, abbiamo ritenuto opportuno fare chiarezza per non sconfinare nei facili allarmismi innescati da quegli slogan populisti che circondano il fenomeno migratorio. Ricordiamo che, come anche specificato nella lettera, “On the Road, con il progetto ENA (Emergenza Nord Africa) fornisce aiuto alle persone che fuggono dalle guerre che dalla Siria al Nord-Africa colpiscono soprattutto le popolazioni civili, dalla dittatura Eritrea ai conflitti religiosi ed etnici dell’Africa centrale ed occidentale”.
Proprio per questo siamo andati a parlare direttamente con il vicepresidente di On the Road, Alexandra Mejsnarova, per capire come la l’Associazione ha gestito e sta gestendo il fenomeno migratorio del Nord-Africa. Dice il vicepresidente: “In quanto Associazione stiamo gestendo e gestiamo da anni quella che ora, gli organi di informazione chiamano ‘emergenza’ e che Noi preferiamo chiamare prima ‘accoglienza’, dal Luglio 2014 con numeri molto ridotti: 10 persone massimo. La nostra amministrazione nelle diverse strutture a disposizione, dislocate in più parti del Piceno e dell’Abruzzo, sono state gestioni molto positive, in quanto abbiamo sempre cercato di mantenere un clima ed un rapporto molto familiare, non solo con chi chiede aiuto ma anche con gli abitanti ed i Comuni nei quali le residenze si trovano”.
Un altro luogo comune che muove l’immaginario collettivo è quello dell’immigrato che intasca, ogni giorno senza far nulla, una somma pari a 35 Euro. Per sfatare questo mito il vicepresidente ha pensato bene chiarire sia la provenienza di questo denaro sia come esso viene impiegato. “Innanzitutto – dice – questi non sono in alcun modo soldi sottratti alle tasche dei contribuenti, bensì provengono da fondi europei istituiti proprio per gestire l’emergenza. Per quanto riguarda invece l’impiego di questi 35 Euro bisogna ribadire che alla persona non viene assolutamente nulla se non 2.50 Euro di pocket money e dei buoni pasto. Con il resto del denaro vengono pagati gli operatori, l’affitto della struttura, le visite mediche ed altre spese necessarie a cui l’Associazione deve far fronte per aiutarli”. E continua: “Affinché non si speculi su questa situazione Noi, come anche tutte le altre Associazioni, riceviamo visite dalle prefetture che controllano l’operato e lo stato dei lavori”.
A spiegarci cosa accade una volta che queste persone sono scese da uno dei tanti barconi della morte e in cosa consiste la fase della prima accoglienza, è la coordinatrice Federica Allevi. “La Prefettura – dice Allei – chiama l’Organizzazione e comunica il numero degli arrivi in base ai posti disponibili nella struttura. A Luglio, ad esempio, abbiamo avuto 10 persone. Arrivano in pullman da un centro di prima accoglienza della Sicilia o della Calabria. Una volta giunti in struttura si procede secondo una prassi ben precisa. La prima fase prevede la consegna di un kit di prima accoglienza per dare la possibilità di fare una doccia, avere abiti puliti ed un pasto caldo. La seconda, invece, prevede una visita medica fatta da un dottore contattato direttamente dalla prefettura. La terza fase li introduce direttamente nelle attività di accoglienza e dopo circa un mese vengono contattati dalla Questura per procedere all’identificazione”. Come ci confermala stessa coordinatrice, tutti quelli che arrivano sono richiedenti asilo, cioè sono in attesa che una commissione giudichi la storia di vita di ognuno e dica se si può essere titolari di protezione internazionale oppure no. Nell’attesa di essere giudicati, per poter rimanere sul suolo italiano, viene dato loro questo permesso che ti identifica come richiedente asilo politico”.
Importantissimo, inoltre, è il supporto psicologico che On the Road offre a coloro i quali entrano nelle loro strutture di accoglienza. A fornirlo sarà direttamente la psicologa e psicoterapeuta, nonché referente dell’area richiedenti asilo e protezione internazionale, Roberta Vecchiotti. “Oltre all’assistenza psicologica – ci informa la vicepresidente – forniamo anche un’assistenza legale e dei mediatori culturali poiché, in prima assistenza, molte volte capita che ci sono persone che non parlano neanche il francese o l’inglese. Importante, affinché essi siano in grado di inserirsi nella società che li accoglie, è il corso di alfabetizzazione. Offriamo cioè dei corsi di italiano che si svolgono o qui, negli uffici in via delle Lancette 27 fatti da dei volontari oppure tenuti direttamente dal centro EDA, come quelli che si svolgono presso la scuola Elementare Sandro Pertini ma non solo”. Per queste persone, ci assicurano, sono previste anche attività ricreative di arte musica e sportive; tutto per cercare di reinserirli al meglio in una realtà nuova ed una società che presenta caratteristiche culturali differenti.