A fronte dell’archiviazione del caso di Roberto Straccia, da parte del gip del tribunale di Pescara, Gianluca Sarandrea, abbiamo voluto parlare con il Presidente Nazionale dell’Associazione Penelope, l’Avv. Antonio La Scala, che ormai da anni combatte a fianco della famiglia Straccia.
Ricordiamo che Roberto Straccia, studente universitario di 24 anni, originario di Moresco (Fermo), scomparve da Pescara il 14 dicembre del 2011 e fu rinvenuto cadavere il 7 gennaio del 2012 nelle acque antistanti il litorale di Bari.
Quelle espresse dal Presidente La Scala, subito dopo la notizia dell’archiviazione del caso, sono parole di sconforto miste a rabbia per una giustizia sempre più assente. “L’archiviazione del caso Straccia, da pare del gip del Tribunale di Pescara – afferma La Sala – è qualcosa di scandaloso. A fronte della lettura dell’ordinanza si è potuto constatare che tutto ciò che è stato affermato dai nostri consulenti di parte non è stato minimamente preso in considerazione”.
Anche il padre del ragazzo, Mario Straccia, ha sempre combattuto affinché si arrivasse alla verità sulla morte di suo figlio, dichiarandosi pronto ad accettare anche l’ipotesi del suicidio se dimostrata adeguatamente. In tal proposito La Scala afferma: “Qui nessuno vuole un colpevole. Ben venga anche la tesi del suicidio, come ha sempre dichiarato anche il padre di Roberto. Ma che ci sia data la possibilità, almeno, di fare tutto il contraddittorio e soprattutto ulteriori approfondimenti”.
Dopo l’ultima puntata della trasmissione ‘Chi l’ha visto?’, sono state messe in campo intercettazioni e nuovi elementi per cui, la causa della morte di Roberto Straccia, potrebbe essere fatta risalire ad un tragico scambio di persona. “Eppure – dice La Scala – la persona intercettata non è stata mai sentita. Non vi è stato mai un approfondimento, è questo ciò che fa rabbia”. E ancora: “Se secondo l’ordinanza di archiviazione, il ragazzo sarebbe morto per annegamento in seguito ad un suicidio, in quanto i medici di Bari non avrebbero rinvenuto sul suo corpo alcun segno di collisione, violenza o soffocamento; allora ci spiegassero come in 24 giorni di mare una bustina di zucchero nella tasca del ragazzo non si sia sciolta ma sia rimasta intatta”. In tal proposito una pista che, secondo l’Avv. La Scala, è stata trascurata è quella dell’omicidio in seguito ad uno stordimento tramite cloroformio. Infatti, un omicidio di questa modalità, non lascia tracce di violenza sul corpo. “Un accertamento autoptico –afferma l’Avvocato – avrebbe potuto accertare o smentire questa pista. Eppure nulla di tutto ciò è mai stato preso in considerazione”.
Inoltre, un altro tassello debole che farebbe vacillare l’ipotesi del suicidio, sarebbe la mancanza di un movente. “Nessuno si suicida buttandosi in mare senza mettersi dei pesi in tasca o comunque qualcosa che impedisca il normale istinto a rimanere a galla”. Invece, stando a quanto dichiarato dai consulenti nell’ordinanza, “tutte le consulenze fatte escludono in maniera netta la tesi omicidiaria”. “Francamente, da parte dei loro tecnici – dice il Presidente – mi sarei aspettato delle valutazioni più forti a sementire quelle avanzate dei nostri”. E ancora: “Se ogni processo si basa su due consulenze contrastanti, che poi sarà il giudice a valutare e scegliere secondo parametri oggettivi l’una rispetto all’altra, sarebbero dovuti almeno essere stati in grado di fornirli”.
“Comunque, da una parte l’archiviazione, a differenza di un’assoluzione – continua La Scala – ci permetterà di continuare la nostra battaglia avanzando la richiesta di riesumazione del cadavere, con nuove consulenze”. Ciò servirà per fare nuovi approfondimenti e soprattutto per vedere se il ragazzo possa essere stato addormentato e poi annegato. “Ma questa volta, a dirci che questa nostra ipotesi è pura fantasia, dovrà essere un tecnico”. E ancora: “Ribadisco che, in questa storia nessuno è a caccia di un colpevole. Vogliamo solo che venga accertato come Roberto è morto e pronti ad accettare anche la tesi suicidio, se questo verrà adeguatamente dimostrata”.
Infine, il Presidente La Scala, sente di lanciare un appello importante nei confronti delle Istituzioni. “Ciò che chiediamo è che le Istituzioni ci aiutino a credere in loro. Non si rendono conto che, così facendo, stanno accompagnando i cittadini a non credere nella giustizia e, un paese in cui la metà della popolazione non crede nella giustizia, non è un paese civile. Ci aiutino, dunque, le Istituzioni a credere in loro”.