Pescara. Il presidente della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso in una conferenza stampa nella giornata di ieri ha ricostruito la sua condotta in merito all’inchiesta che lo vede indagato dalla procura dell’Aquila per corruzione in merito al filone di Penne, affermando di «aver perseguito solo l’interesse pubblico: se c’è stata qualche ‘rottura’ delle leggi a volte è stato necessario proprio per raggiungere l’interesse della collettività».
Il Presidente della Regione Abruzzo è indagato insieme all’ex sindaco pennese Rocco D’Alfonso e un architetto della Soprintendenza, per aver fatto pressioni sull’ente in merito a un locale commerciale vincolato. «Ho letto che si evoca una condotta grave nei miei confronti, corruzione, che è rottura vera con le leggi penali del paese. Escludo ogni atto di interesse privato, non so chi sia l’acquirente, c’era solo un piano demaniale di dismissioni spinto dai revisori dei conti del Comune di Penne».
D’Alfonso ha portato come prova del suo impegno una sua mail indirizzata alle Belle Arti del 29 dicembre 2015, due giorni prima la scadenza dei termini per la caduta del vincolo: «La mail – ha detto D’Alfonso – data il mio impegno nella vicenda, ora trovatemi un pelo fuori posto».
Il Governatore ha portato anche una interrogazione parlamentare presentata dal deputato Gianluca Fusilli (Pd) in merito ai presunti ritardi della vicenda di Penne, in data 20 aprile 2016. D’Alfonso non ha negato il suo interessamento nella vicenda: ”In passato – ha detto – ho fatto aprire tribunali o scuole senza le autorizzazioni e se un Comune mi chiede di essere aiutato per il superamento del Patto di Stabilità mi impegno anche per quello. Non c’è nessun interesse privato, quando si edifica una chiesa, diceva un vescovo, non c’è mai reato.
Ho rispetto per i giudici, e non mi sento né inseguito né perseguitato. A Penne è stato tutto lecito, anzi meritorio, tanto che al termine della vicenda mi aspetto di essere nominato cittadino onorario di Penne. Ma di queste cose ne ho fatte altre 100, è il mio protagonismo istituzionale che mi spinge a velocizzare le pratiche. Devo convincere i miei avvocati e devo provare a demitizzare l’acquisizione di documenti. Al mio avvocato Milia non ho detto della convocazione di questa conferenza stampa e non ho ucciso il vescovo di Canterbury – ha concluso – per statuto io devo aiutare i Comuni a risolvere i problemi, e i comuni sono quei luoghi del bene inventati da Dio. Se un Comune mi chiede, sono precettato».