Roseto degli Abruzzi. Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa del giovane architetto Simone Patruno in merito al recupero di villa Clemente a Roseto, un’ambizioso progetto di architettura partecipata:
“Molte persone in questi giorni passati ci hanno fatto le domande più disparate sul recupero di villa Clemente, dal fatto che accostiamo street art ad un edificio ottocentesco, al perché non è stato pensato, invece, di ricostruire la villa com’era prima della demolizione, nello stile originale.
Abbiamo deciso di spiegarvi così le teorie e le ricerche che sono dietro questa ipotesi progettuale, cercando intanto di non provocare la morte di nessuno per troppa noia (scherzo), e scegliendo alcuni progetti di riferimento che a noi ci sono sembrati più adatti per illustrarvi queste teorie ( tra i quali, quello che più attira l’attenzione e si accosta questa idea di riciclo della villa è sicuramente il “ #GrandHotelColosseo ” ideato dal gruppo “ #Superstudio ” – @Cristiano Toraldo di Francia e @Adolfo Natalini – nel 1969, per sopraelevare il Colosseo con delle abitazioni) e che rientrano pienamente in quella forma di riciclaggio di spazi e strutture adottata negli ultimi anni in architettura.
Infatti, l’idea di progetto parte dalle teorie formulate da alcuni teorici dell’architettura dell’ottocento (i quali sono considerati tra i padri fondatori del restauro contemporaneo) che ritenevano il restauro stilistico (ovvero quella forma di restauro che tendeva a ricostruire o comunque mantenere una data struttura nella precisa forma e nel preciso stile in cui essa è stata realizzata) e il restauro detto “a maniera del tempo” (ovvero quella forma di restauro che tendeva a trasformare un’opera secondo i gusti che andavano di moda nel periodo di esecuzione dei lavori di restauro) delle forme di aberrazione dell’opera, in quanto non era più possibile discernere qual era la parte originaria e qual era la parte nuova realizzata dall’intervento.
Soprattutto, ci siamo accostati al pensiero di uno di loro in particolare, forse quello più estremista, l’Architetto Inglese John Ruskin, il quale sosteneva che la morte (il degrado) di un’opera fa parte della vita stessa dell’opera e non può essere arrestata; Perciò come un corpo che muore è impossibile riportarlo in vita, così è anche impossibile resuscitare un’architettura morta. Per tale ragione, l’Architetto Inglese sosteneva che è sbagliato restaurare un’opera, poiché si commetterebbe un falso storico. Questa forma di pensiero rientra in quella corrente più ampia nota a noi oggi come ruinsmo.
Così, io e Massimiliano Censi, una volta raccolti i pareri della cittadinanza, ci siamo seduti a tavolino e abbiamo iniziato a studiare quale fosse tecnica migliore e più economica per recuperare Villa Clemente, partendo dal presupposto che la villa fosse morta, uccisa da quelle ruspe che quarant’anni fa cercarono di abbatterla.
Mentre raccoglievamo le vostre interviste fuori dalla villa, abbiamo inoltre notato come la struttura diroccata attirasse notevolmente lo sguardo dei passanti, che a volte si fermavano addirittura ad osservarla.
Ci siamo perciò detti che forse era il caso di continuare a mantenere simbolicamente vivo quello stato di rovina che circonda questa antica dimora (ovviamente sempre con l’obiettivo ben in mente di tutelare ciò che resta della villa), e di realizzare un’opera nuova, più contemporanea ed elegante.
Così, l’idea prevede che all’interno della villa sarebbe sorto un nuovo corpo in acciaio e vetro, come nuova vita nata l’interno di qualcosa che è ormai inerte, circondato dal verde nato spontaneamente sui ruderi, il quale sarebbe stato curato ad hoc per continuare trasmettere quel senso di superiorità che la natura esercita ormai da quarant’anni sulla struttura, quasi come volesse impadronirsene.
Di notte, inoltre, con un sistema di illuminazione speciale e una serie di video proiezioni sui prospetti della villa, avevamo pensato di far tornare in vita il passato della città, proiettando videoclip storiche o immagini famose di roseto, così da esaltare i pregi architettonici della struttura mediante la luce e rendere l’impressione che un “fantasma del tempo passato” (come lo chiamerebbe Dickens) aleggi su quella storica abitazione, quasi volesse continuare a rimembrarci chi eravamo.
È stata scelta, inoltre, la street art per decorare le mura perimetrali del giardino: infatti, essa continuerebbe a conferire alla villa quel senso di spontaneità e casualità dato dal cambiamento continuo, inarrestabile e non programmato dovuto al cross delle opere, che di volta in volta vengono infatti sostituite da vari artisti che si susseguono.
È perciò la villa è deve adeguarsi al cambiamento dell’ambiente circostante nella quale è immersa e restarvi dunque assorbita benché il tempo passi, poiché nonostante essa sia ormai morta, il mondo intorno non resta immutato e congelato, ma continua a scorrere e cambiare inesorabilmente.
Questo progetto, perciò, vuole valorizzare quelli che sono i resti di villa Clemente e recuperarne struttura e spazi, ma allo stesso tempo vuole pensare di creare nuovi spazi e forme, reinventando pensieri, idee e tecniche, rivelandosi così come un progetto sia di architettura partecipata che di riciclo.
(Fin dalla sua nascita, l’architettura ha impiegato tecniche di riciclo di materiali e idee per evolversi e progredire, Ma è solo in questo inizio di millennio che il tema del riciclo e del recupero è diventato un atto quasi essenziale. Nella stessa ottica progettuale, nel 2012 il M.AX.X.I. di Roma, Museo delle Arti del XXI Secolo, ha organizzato una mostra riproponente tecniche e progetti di riciclo architettonico impiegato in tutto il mondo: per ulteriori informazioni e riferimenti progettuali vi invitiamo a guardare i video al link _https://youtu.be/MTMH_NcOmgQ_ – _https://youtu.be/YCTy9bGpRzs_ )”.
Per maggiori info: https://www.facebook.com/savingvillaclemente