L’AQUILA – Sono passati dieci anni. Ma il terremoto si sente ancora. Lo si vede negli edifici ancora abbattuti. Nelle scuole mai ricostruite. Nelle province dove non sono ancora state smaltite le macerie. Nella ricostruzione che stenta a decollare.
Eppure il più grande cantiere d’Europa procede. La ricostruzione, fortemente voluta da cittadini che hanno letteralmente sfondato i cancelli della zona rossa per ricominciare a rimuovere le macerie con secchi e carriole, sta avanzando. Seppur a fatica. Le zone periferiche della città ed alcune vie del centro sono state restituite alla loro bellezza. Ma rimangono disabitate. Molti dei circa quarantottomila sfollati non sono mai tornati. Tremila di essi vivono ancora nelle New Town.
Le costosissime e presto deteriorate casette temporanee, spesso diventate permanenti, hanno amplificato la diaspora della comunità, e la spartizione della popolazione in un’ampia porzione di territorio, in zone spesso periferiche. L’assenza di punti di aggregazione e la diffusione dei servizi in tutta quest’area, hanno certamente contribuito.
Di giorno le strade sono battute dagli operai, costantemente al lavoro. Nei fine settimana gli studenti ridanno linfa vitale alle vie della città. Ma per il resto, la normalità stenta a riaffermarsi. L’articolata realtà di botteghe e negozi è stata praticamente azzerata. Se prima il loro numero si aggirava intorno al migliaio, adesso solo un’ottantina di attività ha riaperto in centro. E andare avanti diventa sempre più dura. L’Aquila ha perso in un solo colpo residenti e turisti.
La ricostruzione non sembra prossima alla conclusione. Secondo le stime dei responsabili degli uffici speciali per la ricostruzione dell’Aquila e dei comuni del cratere, Salvo Provenzano e Raffaello Fico, servono ancora 7 miliardi e 300 milioni di euro per completarla. 2 miliardi e 800 milioni per la città e 4 miliardi e 500 milioni per il cratere.
Ad oggi sono stati stanziati oltre 17 miliardi di euro. Di questi, circa 497 milioni provengono dall’Unione Europea. Un rapporto presentato nel 2013 dall’europarlamentare Søren Bo Søndergaard, membro della Commissione di controllo sul bilancio dell’Unione europea, ha messo apertamente in discussione la gestione di questi fondi. Secondo l’onorevole, gran parte dei soldi è finita nelle tasche della criminalità organizzata, attraverso tangenti ed appalti truccati. Oltretutto una vertenza europea potrebbe obbligare l’Italia a restituire 100 milioni, qualora la decisione dell’allora governo Letta di sospendere il pagamento delle tasse ai cittadini terremotati, venisse interpretata come aiuto di Stato.
Per quel che concerne la ricostruzione, quella dell’edilizia privata procede molto più spedita di quella pubblica, praticamente appena abbozzata. Nessuna scuola è stata ricostruita. Leggermente meglio il recupero del patrimonio storico e culturale, con diversi siti completati o in via di completamento. Ancora critica la situazione dei comuni e delle località limitrofe. Emblematico l’esempio di Onna, borgo raso al suolo dalle scosse, in cui si concentrò un elevato numero di vittime. Solo in una via sono state rimosse le macerie.