MACERATA – Colpevole dei reati a lui ascritti. Colpevole di aver ucciso Pamela, colpevole di aver abusato di lei, colpevole di aver straziato il suo corpo, colpevole di aver abbandonato i suoi resti sul ciglio di una strada. Non ha avuto ripensamenti la giuria popolare del Tribunale di Macerata che ieri ha condannato Innocent Oseghale all’ergastolo.
La sentenza è stata letta dopo un’udienza durata 5 ore. 5 ore nelle quali sono stati ancora una volta sviscerati gli ultimi giorni di vita della giovane vittima. 5 ore in cui sono stati ripetuti i macabri dettagli dello scempio compiuto sul suo corpo, ma anche quelli relativi allo squallore delle persone che ha incontrato e che si sono approfittati delle sue debolezze.
Oseghale ha ascoltato impassibile. Un applauso invece, ha accolto la lettura della sentenza, una volta che i giudici sono rientrati in aula dopo essersi ritirati in camera di consiglio. I genitori di Pamela sono scoppiati in lacrime e si sono abbracciati. Dopo un anno e quattro mesi la giustizia ha compiuto il suo corso. Quella ordinaria, non quella folle e reazionaria di Luca Traini, andata in scena all’indomani della macabra scoperta effettuata a Pollenza.
<<Fuori uno, adesso tocca a tutti gli altri. Non credo che Oseghale abbia fatto tutto da solo, siamo convinti che ci siano altre colpevolezze da accertare>> ha commentato Alessandra Verni, la mamma di Pamela. Non sono dello stesso avviso gli inquirenti, che hanno scagionato i due suoi connazionali, collegati al caso in un primo tempo. Secondo quanto ricostruito, il trentenne nigeriano avrebbe agito in solitaria. Oseghale, condannato all’ergastolo e a 18 mesi di isolamento diurno, ha inoltre perduto la podestà genitoriale sui due bimbi piccoli che ha avuto da una donna italiana.
Con la sentenza di ieri, si chiude il sipario su una vicenda che ha gettato il dolore di una famiglia, e successivamente di una città, in pasto all’opinione pubblica. Un fatto di cronaca si è presto trasformato in un dibattito politico e la sparatoria di Macerata non ha fatto altro che alimentare questa tendenza. Adesso il clamore mediatico scemerà gradualmente e, forse, per le persone travolte da questa vicenda sarà possibile passare oltre. Almeno fino al processo d’appello.