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Premio Internazionale di poesia “Salvatore Quasimodo”: vince il giovane Enrico Maria Marcelli

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Premio Salvatore Quasimodo - Alessandro Quasimodo ed Enrico Maria Marcelli

MARTINSICURO – Cosa hanno in comune Avigliano Umbro, piccolo comune dell’Umbria in provincia di Terni che conta circa 2514 abitanti, con Martinsicuro? Apparentemente nulla. In realtà da oggi il nome di Enrico Maria Marcelli farà da collante tra questi due luoghi tanto diversi quanto lontani. Enrico Maria Marcelli è il giovane poeta che ha vinto la V edizione del Premio Internazionale di poesia Salvatore Quasimodo, un’edizione straordinaria nata in occasione delle celebrazioni del 60° anniversario dell’assegnazione del Nobel per la letteratura al celeberrimo poeta.

In occasione di questo importante riconoscimento assegnatogli, abbiamo voluto intervistarlo per conoscere più da vicino questo nuovo talento della poesia italiana.

Enrico Maria nasce a San Benedetto del Tronto il 12 Ottobre 1993 che, come ci ricorda Egli stesso <<La data coincide, non solo con la scoperta dell’America ma anche con la nascita di un altro grande poeta italiano del ‘900, Eugenio Montale>>. Consegue la maturità scientifica presso il Liceo B. Rosetti di San Benedetto del Tronto e successivamente si laurea con Lode in Lettere, percorso in Filologia Moderna, presso l’Università degli Studi di Macerata. Nel 2017 gli viene riconosciuto il premio speciale “Il Faro” alla IX edizione del Premio Letterario Internazionale “Città di Martinsicuro” e nel 2019 vince il premio come “Miglior giovane poeta” alla X edizione del premio letterario nazionale “Città di Grottammare”.

La sua opera prima intitolata “Il verso libero li ha stanati tutti!”, con la quale ha vinto il prestigioso premio Salvatore Quasimodo, viene pubblicata nel 2018 con la Arsenio Edizioni, diretta da Valeria Di Felice.

Prima di parlare della sua opera, abbiamo voluto fare un passo indietro e cercare di capire come la passione per la scrittura sia nata e maturata. In tal proposito Enrico Maria afferma che: <<Fin da quando ero piccolo amavo molto leggere e scrivere. Conservo ancora delle poesie che ho composto durante la mia infanzia e adolescenza. Questa passione poi si è fatta risentire durante il periodo del Liceo quando, grazie alla mia Professoressa di italiano e latino, cominciai ad amare particolarmente Dante, Petrarca e tutta la letteratura medioevale e umanistica>>. Una volta presa la maturità, il nostro giovane poeta inizia il suo percorso universitario iscrivendosi alla Facoltà di Lettere, periodo nel quale inizierà <<a scrivere in maniera più consapevole>>, come Egli stesso afferma. Sono proprio questi gli anni in cui Enrico Maria comincia a muovere i primi passi nel mondo della poesia, per poi arrivare a comporre quei versi che andranno a dare corpo alla sua opera prima. E’ così che è nato “Il verso libero li ha stanati tutti!”, un titolo al quanto particolare e di cui ci facciamo spiegare il motivo. <<In realtà – dice – quando scelsi il titolo, le motivazioni erano molteplici. Una su tutte è quella secondo la quale il verso libero è la misura più usata dalla poesia contemporanea ma molti scrivono senza averne consapevolezza e senza essere avvezzi a certi studi. Così, non si rendono conto della complessità che c’è dietro al comporre in versi liberi. Scrivere in metrica classica o barbara, come spesso ho fatto io, a mio parere, è più semplice perché hai delle regole da seguire. Con il verso libero devi saper motivare un certo tipo di scelte>>. Su questa questione lo abbiamo provocato chiedendogli se non si sentisse “ortodosso” nell’abbracciare un certo tipo di pensiero. <<In realtà sono uno dei pochi se non l’unico, tra i miei amici letterati, che cerca di guardare in maniera schietta e sincera la situazione attuale della poesia. Se essere ortodossi vuol dire guardare in maniera critica la poesia contemporanea, allora si, sono ortodosso. E si, sono ortodosso, perché non mi ritrovo nella visione che molti colleghi hanno della poesia oggi, cioè in una poesia in cui tutto risulterebbe essere giustificato>>.

Molti oggi scrivono dal nulla senza avere consapevolezza e senza avere lo scrupolo di porsi il problema di come lo si sta facendo. Molte volte questa incoscienza è data dal fatto che si legge pochissimo ma tutti cercano la fama dello scrittore da milioni di copie vendute. A fronte di ciò abbiamo voluto chiedere al poeta se fosse possibile scrivere e scrivere bene, senza leggere. La risposta si è divaricata in due punti di vista. Infatti dice: <<No, non è possibile, perché chi scrive necessita di un grande bagaglio. Basti pensare al fatto che molti temi ed immagini sono stati ripresi dal passato e poi portati avanti e sviluppati attraverso i secoli>>. Tuttavia: <<Leggendo, spesso diventa difficile trovare qualcosa che sia veramente proprio e quindi si rischia di essere influenzati da altre letture. Dunque, ben vengano entrambe le modalità di scrittura, quando questa è e resta di qualità ovviamente>>.

Per chi fa poesia non è necessariamente indispensabile leggere più poesia che prosa, tuttavia Enrico afferma che: <<Prima di entrare nel mondo della poesia leggevo molta prosa. Ora sto cercando di recuperare il più possibile e per questo motivo mi sto concentrando sui poeti italiani contemporanei>>. Tra quelli che più lo hanno ispirato nel suo percorso ci sono: Amelia Rosselli, Vittorio Sereni, Cesare Pavese,Mario Luzi e Eugenio Montale. Per quanto riguarda il panorama internazionale invece predilige i poeti francesi, quelli della Beat Generation e la poesia giapponese. L’ispirazione per un artista è molto importante e proprio per questo abbiamo voluto chiedere che rapporto ha con essa. <<L’ispirazione – afferma – o la si cerca oppure ti trova lei, nel senso che può arrivare in momenti inaspettati nella vita di una persona>>.

Già dai primi versi de “Il verso libero li ha stanati Tutti!” si è potuto percepire quanto essi si facciano carne viva, riuscendo perfettamente a fotografare la drammatica situazione attuale che ci troviamo a vivere costantemente ma a cui ormai ci siamo assuefatti. La poesia di Enrico Maria risveglia da questo torpore, inteso come pigrizia intellettuale. Egli stesso infatti afferma: <<Attualmente ci troviamo in situazioni in cui il male predomina e questo ci sembra normale. La mia poesia vuole essere, non solo una denuncia a questi comportamenti a cui ci siamo abituati, ma anche e soprattutto uno stimolo per non cedere a questi modi di pensare>>.

Ad una domanda riguardante i sui progetti futuri, il nostro giovane artista ha le idee chiare. Infatti <<Dal punto di vista artistico – afferma – continuerò sulla scia della poesia, anche se non mi dispiacerebbe cominciare a scrivere libri di critica e saggistica. Dal punto di vista lavorativo e professionale invece, cercherò di inserirmi nel mondo dell’insegnamento>>.

La vittoria al premio internazionale Salvatore Quasimodo è stata una vera e propria sorpresa in quanto, per l’ambito premio, concorrevano molti nomi importanti del panorama poetico. Tuttavia, il nostro giovane talento è riuscito in questa impresa e a questo punto, possiamo ben dirlo, Enrico Maria Marcelli li ha stanati Tutti? No, li ha stesi Tutti.

Ancona

Le opere di Patrizio Di Massimo in mostra a Palazzo Bisaccioni e alla Galleria Pianetti

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mostra patrizio di massimo jesi palazzo bisaccioni

La collezione di opere dense di suggestioni dell’artista jesino Patrizio Di Massimo, che vive e lavora a Londra, resteranno in mostra fino al prossimo 3 settembre.

ANCONA – Realtà e irrealtà, fantasia e ragione, trascendenza e immanenza possono consapevolmente e  inconsapevolmente coesistere. Immagini improvvise, ricordi e intuizioni, parole dette e non dette  attraversano a volte  in un baleno la mente, svaniscono in un attimo o lasciano una persistente, indelebile memoria. Il mondo interiore è immenso e libero, riteneva Byron, privo quindi di innate contraddizioni. È  l’immediata considerazione che è possibile formulare visitando la mostra, allestita a Palazzo Bisaccioni e alla Galleria Pianetti e visitabile fino al 3 settembre, di Patrizio Di Massimo, artista jesino che vive e lavora a Londra, di cui è presentata una collezione di opere dense di significati e di suggestioni.

Patrizio di Massimo ha appunto dato forma a quanto di vero e assurdo, razionale e fantastico, sacro e profano, drammatico e bizzarro riconosce in lui o immagina sia negli altri. Già il manifesto della mostra ne rende idea. Lo strano personaggio raffigurato, ‘The Milliner’ (‘Il venditore di cappelli da donna’) richiama passato e presente. Appare subito come una reinterpretazione dell’angelo ritratto da Caravaggio nel ‘Riposo nella  fuga in Egitto’. Simile è il panneggio, ma inversa è la torsione del dorso e del viso che ha tratti non più celestiali,  pagani piuttosto e quasi fauneschi, riconoscibili come quelli dello stesso autore. Il vincastro è sostituito da una canna in parte nascosta tra variopinti cappelli, forse un simbolico riferimento alla ‘vetrina’ delle sue opere. Una dissacrazione? Piuttosto un gioco vagamente ironico, una combinazione libera di ricordi, rimandi, suggestioni.

Lungo il percorso della mostra ci si accorgerà che oltre a Caravaggio e al suo vivido colorismo sono evidenti richiami anche ad altri pittori: a Bosch, soprattutto, ma anche a Dalì, De Chirico, Kirkner, F. Kahlo e chissà quanti altri. Molte sono le opere in cui l’immagine dell’autore appare sotto specie, situazioni, travestimenti, metamorfosi diverse: in maschere enigmatiche, clownesche, in lotte furibonde contro demoni e animali fantastici che lo attanagliano per assimilarlo a loro; o come un ‘Caino’ che si accapiglia con un ‘Abele’ che è un altro se stesso; o stremato come un Ulisse naufrago su una remota scogliera; o, in immagini patinate, come un giovane cavaliere in armatura splendente che salva da un incantesimo una preziosa prigioniera: o in ambienti domestici, in riposo fra morbidi cuscini, travestito da fantasma o in  costume da illusionista o da Dracula.

È così che Patrizio di Massimo vede se stesso e gli altri in una ironica e autoironica fantasmagoria di immagini. È così pure che  riesce a trasformare in fiaba e magia anche le più semplici esperienze quotidiane. Una sezione della mostra riguarda ‘Baruffe e conflitti d’interesse’ con opere in cui inserisce amici e familiari che, sotto la sua regia, si contrastano umoristicamente in lotte ridicole. In tema di pandemia raffigura ancora demoni attorno a lui disteso sul letto di una sala operatoria, nascosti fra le lenzuola, insinuati in una ferita o nelle pieghe di un camice o trasformati nel sogno di una Medusa che incombe minacciosa su di lui addormentato. Orripilanti sono quelli di un grande trittico, ‘Alla rosa bianca e al pettirosso’, che allude alla ‘Deposizione’ di L. Lotto. La ‘rosa bianca’ è una ragazza ucraina pronta a difendersi con in braccio un fucile: il ‘pettirosso’ è, sulla destra, un ragazzo russo solo, triste, pensoso. Al centro, sul lenzuolo, invece del Cristo è distesa una donna in tuta militare che sta per essere gettata in una fossa da due ambigui personaggi. È palese che all’artista la donna appare come la più innocente, sacrificata vittima della guerra. Cornice alla scena è un recinto di lapidi abbattute, su una delle quali è posato un tenero pettirosso fra orribili mostri digrignanti che spuntano ovunque. In terra, solo qualche pallido, effimero petalo di rosa, memoria di una Bellezza  perduta.

Preferibile forse lasciare la mostra di Patrizio Di Massimo con impressioni più serene; come le immagini della sua bambina ad occhi sgranati che fissa con stupore chi la guarda, che strilla alla disperata o sfoglia assorta un libro, o dorme placidamente nel lettone accanto alla mamma. Nella più poetica delle immagini, ‘On the rocks’ è ritratta sorridente, senza timori, distesa su uno sperone di roccia sospeso nel cielo notturno accanto alla mamma addormentata e al papà che guarda incantato la luna. Nell’immenso spazio celeste, il miracolo della vita.

Augusta Franco Cardinali

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L'Aquila

La rinascita di L’Aquila al centro di un convegno a Bruxelles

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Il maestro rosetano Falasca ha diretto la RosetOrchestra a Bruxelles, al termine di un convegno sulla rinascita di L’Aquila, mentre l’orafo Montaldi ha allestito la mostra di gioielli “I love abruzzo”.

L’AQUILA – Nella Grande Salle del Conservatoire Royal de Bruxelles, è andato in scena l’evento “Memoria e Identità – Storia di una rinascita”, organizzato e promosso dall’eurodeputata della Lega Elisabetta De Blasis e dal gruppo Identità e democrazia. Tema del convegno tenutosi a Bruxelles, la rinascita di L’Aquila.

Al centro dell’incontro infatti, si trovava la ricostruzione della città dopo il terremoto del 2009, con un convegno sulle opportunità offerte a livello europeo. Presenti Marco Zanni, presidente gruppo Id, e Marco Campomenosi, capo delegazione Lega al Parlamento Europeo. 

Al termine dei lavori del convegno, il maestro Daniele Falasca, rosetano e compositore di tutti i pezzi, ha diretto la RosetOrchestra in un concerto dedicato ai colori del Parco Nazionale, del Gran Sasso e del lungomare abruzzese.

In una sala invece, è stata allestita la mostra di gioielli “I love Abruzzo” del maestro orafo Giuliano Montaldi, il quale, per l’occasione, ha realizzato il “Giglio d’Europa”, simbolo di resistenza e resilienza della regione Abruzzo e un assaggio delle tipicità dei territori.

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Ancona

Migliaia i reperti recuperati nel 2022 dal Nucleo TPC di Ancona

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cc tpc nucleo tutela patrimonio culturale ancona 2022

I Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale presentano i dati dell’attività operativa relativa all’anno 2022: migliaia i reperti antiquariali, archivistici, librari, archeologici e paleontologici recuperati dai militari, tra cui una collezione di epigrafi romani.

ANCONA – Come in Abruzzo, anche nelle Marche il 2022 del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale, il cui Comando si trova ad Ancona, è stato un anno intenso. L’attività dei militari, svolta in collaborazione con le Stazioni dell’Arma del territorio, non è stato orientato soltanto verso il recupero di reperti sottratti, ma anche verso l’attività repressiva, che ha permesso di debellare un sodalizio criminoso ritenuto responsabile di scavi non autorizzati e furto di beni archeologici.

Le epigrafie recuperate a Fano.

Il recupero più importante è stato quello di nove epigrafie provenienti dalla zona di Roma, trovate nell’abitazione privata di un cittadino di Fano. La collezione archeologica è stata riconsegnata al Parco Archeologia di Ostia Antica, da dove era scomparsa nel 1940.

Tra le province di Macerata e Ancona, più precisamente a Castelraimondo, Gagliole, Cerreto D’Esi, Fabriano e Spello, i Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale di Ancona nel 2022 hanno sgominato una banda di cosiddetti tombaroli, in seguito all’operazione “Ammoniti”. In seguito alle indagini, sono stati sequestrati 30 mila reperti paleontologici, mille archeologici ed altri reperti librari. Su due musei privati, che ospitavano beni di natura illegale, sono stati apposti i sigilli. Nove persone sono state denunciate e dovranno rispondere di scavi archeologici non autorizzati, furto e riciclaggio di beni archeologici e paleontologici.

In tutto sono state controllati 78 arre archeologiche, 132 paesaggistiche, 140 esercizi antiquariali e 28 mercati e fiere. I beni antiquariali, librari e archivistici ammontano a 461, quelli archeologici a 2267 e quelli paleontologici superano i 32 mila. Nelle Marche si è registrato pertanto un aumento dei furti di beni culturali nel 2022.

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