TERAMO – Con il voto contrario del Comune di Fano Adriano e delle due gestioni dei beni separati, quella di Pietracamela e quella di Intermesoli, l’astensione del Comune di Pietracamela l’Assemblea della Gran Sasso Teramano, oggi riunitasi nella Sala del Consiglio alla presenza dei Revisori dei Conti, ha votato la vendita della Gran sasso Teramano attraverso un’asta pubblica.
La Provincia si è riservata 48 ore per vedere se ci sono le condizioni per una ricapitalizzazione (l’ente dovrebbe versare oltre 700 mila euro e circa 500 mila euro dovrebbero essere versate dalla Camera di Commercio).
A conferire un’accelerazione alla scelta, due fattori: le offerte pervenute nelle ultime ore e le dichiarazioni della Camera di Commercio del Gran Sasso che, per bocca della sua presidente, Antonella Ballone, ha confermato la necessità – dettata dalle leggi – di dover vendere le proprie quote e l’invito al liquidatore: “di procedere alla vendita dei cespiti”.
L’Assemblea si è aperta con l’esame del bilancio 2020 della società pubblica che gestisce gli impianti di risalita e i beni delle stazioni sciistiche di Prati di Tivo e di Prato Selva, un bilancio che certifica un debito di 1 milione e 380 mila euro di debiti e che è stato votato a maggioranza (voto contrario delle Amministrazioni separate).
“Io l’ho votato dopo aver ascoltato i Revisori dei conti (intervenuti più volte nel dibattito per fornire chiarimenti ndr) – ha dichiarato il presidente Diego Di Bonaventura – per tutelare l’interesse dell’ente e anche della collettività visto che si tratta di soldi pubblici. Non siamo su facebook dove le parole volano in libertà, noi siamo amministratori pubblici e dobbiamo mettere in sicurezza i soci e anche la società che è in stato di liquidazione da anni. Quello che è accaduto è molto anomalo. Se fallisce il suo valore sarà zero”.
Nell’intervento del vicepresidente della provincia, Alessandro Recchiuti alcune precisazioni: “dobbiamo dividere i due aspetti. Una cosa è la politica del territorio e la visione di sviluppo della montagna un’altra è la gestione societaria; che è stata fallimentare e che per questo voi soci l’avete posta in liquidazione nel 2016. La società ha fallito il suo compito, non è stata in grado di assolvere all’obiettivo per il quale gli enti l’avevano creata: aiutare il territorio. Non dismettiamo il nostro ruolo politico e di amministratori, dismettiamo una società pubblica che ha avuto una gestione fallimentare”.
In apertura di assemblea, il liquidatore Gabriele Di Natale, aveva fornito un dettagliato resoconto sulle due ultime novità in ordine di tempo: l’avvocato Luca Pardo, rappresentante dello studio Ontier Italia (sede a Roma) ha fatto pervenire per conto di un cliente non identificato una manifestazione di interesse per la gestione degli impianti ma senza alcuna offerta economica mentre Marco Finori (attuale gestore degli impianti) ha fatto un’offerta di 900 mila euro per l’intero cespite aziendale consegnando un assegno di 100 mila euro in garanzia.
Complessivamente, in questi mesi, sono arrivate cinque manifestazioni di interesse ma solo quella di Finori, tecnicamente, si configurerebbe come un’offerta in quanto correlata di proposta economica e assegno. In ogni caso, come precisato in assemblea, l’offerta di Finori rappresenterà la base per un’asta pubblica: altri potranno partecipare con proposte migliorative. “Daremo un’ampia pubblicità all’asta che sarà resa nota a livello nazionale – ha chiarito Di Natale – e naturalmente potranno partecipare anche tutti coloro che hanno già manifestato il loro interesse pur non rivelando chiaramente né le intenzioni né i proponenti visto che a parte la Siget si è trattato di mediatori”.
“Obiettivo della fase di liquidazione è quello di tutelare i creditori con il saldo dei debiti della società: una fase che per legge non può durare all’infinito e che deve legarsi ad un piano di ristrutturazione del debito: i soci potrebbero ricapitalizzare le quote o venderle, in caso contrario non c’è alternativa alla vendita dei beni per saldare i debiti” questa in sintesi la precisazione fatta dal liquidatore della Gran Sasso Teramano, Gabriele Di Natale.
La Gran Sasso, in questo momento, presenta una situazione deficitaria dovuta, essenzialmente, al debito con l’Agenzia delle Entrate –maturato nelle gestioni precedenti alla messa in liquidazione – e ai canoni non pagati alle Gestioni dei beni separati e al Comune di Fano Adriano, ai debiti con i professionisti. Nella prima parte dell’Assemblea è stato presente l’assessore regionale Pietro Quaresimale (la Regione possiede il 12% delle quote) che è andato via prima del voto sulla dismissione della società.
“Mi prendo 48 ore per verificare con un ultimo tentativo se noi enti pubblici abbiamo una possibilità finanziaria e giuridica per ricapitalizzare la società” ha chiosato il Presidente: “fino ad oggi siamo stati nelle procedure di legge e questo voglio continuare a fare. Il tavolo sul riequilibrio e il rilancio della montagna non ha nulla a che vedere con le decisioni che dobbiamo prendere oggi e credo che la contaminazione con l’impresa privata sia l’unica strada da percorrere”.
L’Assemblea dei soci è stata preceduta da una riunione convocata dal sindaco di Fano Adriano, Luigi Servi, che si è svolta in remoto cui hanno preso parte tutti i soci, nella loro veste istituzionale. Nel corso della riunione il Sindaco aveva chiesto la ricapitalizzazione della società da parte della Provincia, della Regione e della Camera di Commercio chiedendo che rimanesse pubblica. Sulla stessa posizione le Amministrazioni separate che anche in Assemblea, per bocca di Paride Tudisco, Corrado Bellisari (e Antonio Di Battista vicesindaco di Fano) hanno ribadito che la società deve restare in mano pubblica.