PESCARA – Dal 21 ottobre la protagonista senza nome del bestseller L’Arminuta di Donatella Di Pietrantonio (Premio Campiello 2017) ha portato sul grande schermo un turbine di sguardi profondi, densissimi di emozioni e completati dai rari dialoghi, spesso in dialetto, presenti nella narrazione. L’Arminuta, cioè “la ritornata”, è la tredicenne che in un’estate abruzzese degli anni Settanta viene rispedita dai suoi genitori biologici in un paese di montagna, dopo aver vissuto in città con gli zii borghesi fino a quel momento. La sua vita cambia totalmente, ma lei non si arrende, e mentre prova a convincersi che tornerà alla sua quotidianità, attraversa esperienze che trasformeranno la sua percezione del reale.
Il regista Giuseppe Bonito ha scelto di seguire il racconto della scrittrice, dandone un’interpretazione giustamente scarna e in certi casi cruda, in cui i soggetti parlano perlopiù con occhi e gesti, quasi mai accompagnati dalla musica. Le sequenze vedono la ragazzina coinvolta in un’interrogazione continua, tuttavia le sue incertezze non bloccano la sua voglia di scoprire perché è tornata in quel posto, desolato e inghiottito dall’ignoranza.
Lungo il percorso l’elemento cruciale è la comunicazione, che in tutto il film emerge come un processo difficile, e che sembra assente o quasi sconosciuta nella sua nuova casa, in cui pochi cenni e convenzioni scandiscono le giornate, senza il bisogno di parlare. L’Arminuta si sente come un pacco postale, alla mercè delle decisioni di adulti che per lei non rappresentano alcun riferimento, a differenza della sorellina Adriana, di indole determinata e mai timida, a cui lentamente si affeziona. Sono in sua compagnia, e a volte del fratello maggiore, i pochi momenti di armonia e spensieratezza, come la sera alle giostre e la giornata al mare.
Il film affronta in modo essenziale e al contempo efficace una vicenda complessa, in cui due mondi si scontrano con forza, generando eventi che in un silenzio straniante e terribile mostrano stereotipi e verità sferzanti, che piombano sui personaggi. La violenza domestica, i disagi psicologici ed economici e anche la morte costituiscono una rete di equilibri e sofferenze, che grandi e piccoli si trovano a fronteggiare ogni giorno, portando ognuno il suo peso.
Come L’Arminuta, anche lo spettatore arriva gradualmente a capire le motivazioni nascoste dietro ad ogni avvenimento, e conosce pian piano la precarietà di un contesto territoriale che, come fosse un nuovo Medioevo, appare in quegli anni desolato e arretrato.