Una ricerca condotta dal centro studi ImpresaLavoro, evidenzia come in Italia i dati relativi all’occupazione, specialmente giovanile non sono confortanti: si accede al mercato del lavoro tardi e le retribuzioni sono esigue. In Abruzzo, il dato sull’occupazione giovanile è di poco inferiore alla media nazionale, nelle Marche poco superiore.
TERAMO – «La ricerca evidenzia, da un lato, quanto sia elevato il numero dei giovani che non lavorano, ovvero che entrano nel mondo del lavoro dopo i 30 anni, dall’altro ci suggerisce che il problema dei salari bassi esiste: l’Italia è l’unico Paese OCSE in cui il salario medio annuo negli ultimi 30 anni non è aumentato». Così Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro, commenta gli esiti della ricerca condotta su dati Istat e Ocse, relativa all’occupazione in Italia. Un quadro non particolarmente sereno, che si rabbuia particolarmente in merito ai dati sull’occupazione giovanile, che per quanto riguarda l’Abruzzo sono lievemente al di sotto della soglia della media nazionale, di poco superiori invece, quelli delle Marche.
In Italia gli occupati tra i 15 e i 64 anni sono 21.849.198, ovvero il 37,04% della popolazione, pari a 59.983.169. I dati relativa alla prima fascia d’età presa in considerazione, 15-34, sono influenzati dal fatto che prendono in considerazione anche i minorenni al lavoro che, fortunatamente, sono molto pochi. Tuttavia, questo rimane il segmento più fragile: 8,36%. La fascia d’età successiva, 35-49, è quella con più occupati, 15,05%, mentre l’ultima, 50-64, scende al 13,63%.
In Abruzzo, occupazione giovanile di poco inferiore alla media nazionale, 8,05%, mentre i dati relativi alle altre due fasce d’età, sebbene lievemente al di sotto, sono più in linea a quelli della media nazionale, 15,03% e 13,58%.
Nelle Marche invece, i dati un pochino superiori, con l’occupazione giovanile che raggiunge il 9%, l’occupazione degli adulti il 16,39% e quella dei senior il 14,69%.
La ricerca evidenzia come si acceda tardi al mercato del lavoro, ma anche quanto sia alta la percentuale di giovani che non è attualmente alla ricerca. Più che fannulloni, i ragazzi sono scoraggiati dall’attuale offerta lavorativa e un dato più degli altri può spiegare il perchè: negli ultimi 30 anni, il nostro Paese è stato l’unico tra i Paesi Ocse, in cui non solo non sono aumentati i salari, ma sono addirittura diminuiti. Se in Germania e Francia il salario in media è cresciuto oltre il 30%, in Italia il dato è negativo: -2,9%.