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Ancona

Ancona, picchia la madre e il marito della donna: arrestato 30enne

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ANCONA – Una coppia, ritornata a casa dal Pronto soccorso dove si era recata a seguito dell’aggressione subita dal figlio di lei, è stata minacciata di morte sempre dal figlio. L’uomo, un 30enne, ha picchiato la madre e il compagno di lei, che hanno dovuto farsi medicare all’ospedale di Torrette, e poi ha devastato casa e ha minacciato di ucciderli.

E’ successo ieri sera, ad Ancona. Protagonista un 30enne che è stato poi arrestato dalla polizia per maltrattamenti in famiglia. Gli agenti sono intervenuti dopo la segnalazione di un eccesso d’ira da parte dell’uomo che stava rompendo il mobilio dell’abitazione di famiglia. Arrivati sul posto i poliziotti hanno trovato la madre, di origine tunisina. La donna aveva trascorso la notte al pronto soccorso, con il marito convivente, a causa delle lesioni subite dopo una aggressione del figlio.

Come riporta l’Ansa, l’uomo ha riportato ferite guaribili in 25 giorni di prognosi, nel tentativo di difendere la donna dal 30enne; alla donna invece è stata indicata una prognosi di quattro giorni. Quando erano rientrati a casa, i due coniugi hanno trovato il 30enne ancora in stato alterato che stava spaccando tutto e che minacciava di ucciderli. Il giovane si trova ora in carcere a Montacuto in attesa della convalida.

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Controlli dei Nas in macellerie e ristoranti etnici: sequestrati 150 kg di carne

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In un anno sono state più di otto mila tonnellate di alimenti irregolari sequestrati dai Carabinieri in Italia. Nelle ultime settimane in Abruzzo sono stati eseguiti diversi controlli in macellerie e ristoranti etnici, culminati con sanzioni e con una sospensione di attività. A Macerata pesanti sanzioni ad un deposito alimentare che custodiva bevande non conformi.

PESCARA – Nella Giornata mondiale della sicurezza alimentare, che ricorre ogni 7 giugno, il Comando dei Carabinieri per la Tutela della Salute illustra le attività svolte dai Nas in Abruzzo e nelle Marche, soffermandosi in particolare si controlli svolti all’interno di macellerie o ristoranti etnici.

Nelle ultime settimane in Abruzzo sono stati controllati 40 esercizi commerciali, tra alimentari, macellai e rivenditori di kebab. In 30 sono emerse irregolarità di varia natura. La situazione più critica in provincia di Teramo, dove è arrivata la sospensione di attività per un alimentari etnico. Mancavano i requisiti minimi igienico sanitari e nei locali è stata appurata la necessità di alcuni interventi di manutenzione straordinaria, sia a livello strutturale, che per dal punto di vista della sanificazione. Molte derrate alimentari poi, erano conservate sul pavimento o in celle frigorifere che non consentivano le adeguate operazioni di polizia. Nel maggio scorso invece, sempre nel teramano, a Martinsicuro è stato chiuso un rivenditore di kebab. Oltre a queste operazioni, sono stati sequestrati 15 chili di carne di suino e agnello privi di ogni forma di tracciabilità.

A L’Aquila i Carabinieri hanno trovato 100 chili di merce scaduta e non tracciata in vendita in una macelleria, in particolare vegetali in salamoia, legumi e spezie. Qui oltretutto era esposta anche altra merce, come calzature e pentolame. La Asl ha disposto la distruzione del cibo.- Stesso discorso in un’altra macelleria etnica dell’aquilano dove 13 chili di carne erano conservati in maniera non conforme ed erano privi delle corrette etichette. La Asl ha disposto la sospensione dell’attività e la distruzione degli alimenti.

A Pescara invece, sono stati sequestrati 20 chili di pane prodotto artigianalmente: era stato congelato senza l’impiego di un idoneo abbattitore. Più tranquilla la situazione nel chietino, dove comunque sono stati effettuati diversi controlli dei Nas in macellerie e ristoranti etnici.

A Macerata infine sono state elevate sanzioni per due mila euro al titolare di origine pakistana di un deposito di alimenti e bevande nel quale erano conservate 402 bottiglie da un litro e mezzo di una bevanda alla pera denominata strumka, le cui etichette erano prive delle indicazioni obbligatorie.

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La donna accusata dell’omicidio del compagno a Fabriano: «volevo difendermi da un approccio sessuale»

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La piazza del comune di Fabriano (Foto Wikimedia CC).

La donna che secondo gli inquirenti ha ucciso a colpi d’abatjour il proprio compagno e convivente, sostiene di essersi difesa da un tentativo di abuso, ma la sua versione non convince fino in fondo chi indaga sull’omicidio di Fabriano.

ANCONA – Non un’aggressione al culmine di una lite con un’abatjour in mano, bensì la difesa da un tentativo di abuso, a mani nude. Questa la versione di Alessandra Galea, 50enne accusata dell’omicidio del convivente Fausto Baldoni di 63 anni avvenuto a Fabriano lo scorso sabato 3 giugno. La donna resta in carcere in custodia cautelare, sebbene non sia stato convalidato il fermo. Durante l’udienza di convalida sono stati ritenuti fondati i pericoli di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio. L’accusa rimane dunque quella di omicidio volontario, sebbene la donna fornisca un’altra versione: «Ho reagito a un approccio sessuale non gradito, ma non ho impugnato nessuna arma».

La donna sostiene di essersi difesa da un approccio non voluto. Stessa tesi già avanzata dal suo legale all’indomani dell’arresto. Eppure gli inquirenti non sembrano molto persuasi da questa ricostruzione. A pesare è soprattutto, il mancato soccorso all’uomo. Subito dopo la colluttazione, Galea ha lasciato l’appartamento. «Avevo già in programma di andare a trovare i miei due figli» ha raccontato agli inquirenti. Ma perché non chiamare aiuto? Perché non allertare i soccorsi? E come mai ha mantenuto un atteggiamento sospetto ed evasivo una volta ritornata sul posto?

La vittima è stata ritrovata in corridoio immersa in un lago di sangue. Al momento del ritrovamento indossava solo la biancheria intima e presentava due ferite sulla testa. Ieri, l’autopsia ha indicato come probabile causa della morte una grave lesione cerebrale.

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Ucciso dalla compagna con un’abatjour a Fabriano, i famigliari: «aveva paura», il legale della donna: «voleva difendersi»

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Un uomo di 63 anni è stato trovato morto in casa, a Fabriano, ucciso con diversi colpi al cranio inferti forse con un’abatjour, dalla compagna e convivente di 50 anni. La donna, che in un primo momento ha negato ogni addebito, sostiene di essersi difesa, ma gli inquirenti non sono convinti e i famigliari della vittima raccontano che l’uomo era spaventato.

ANCONA – Fausto Baldoni, operaio di 60 anni della Gls di Ancona, nella serata di sabato 3 giugno è stato rinvenuto nella sua casa con il cranio sfondato. Diversi i colpi ricevuti, probabilmente inferti con un’abatjour. L’uomo trovato morto a Fabriano sarebbe stato ucciso dalla compagna, Alessandra Galea, di 50 anni. La donna in un primo momento ha negato ogni coinvolgimento, salvo poi fornire un’altra versione, per bocca del suo avvocato: «si è solo difesa». Una ricostruzione che al momento non convince gli investigatori.

A trovare il corpo dell’operaio è stata la sorella, allarmata dal suo mancato arrivo ad un pranzo fuori città al quale lo aspettava. Arrivata sotto casa sua, ha chiesto aiuto ad una pattuglia dei Carabinieri di passaggio. Poi, la macabra scoperta. Intorno alle 20, Galea è tornata anch’essa sul luogo del delitto. In un primo momento avrebbe finto di non conoscere nemmeno il «signor Baldoni» secondo quanto riferito da alcuni vicini. Il suo atteggiamento ha subito insospettito gli investigatori.

La donna ora si trova in carcere a Pesaro, nella sezione femminile di Villa Fastiggi. Oggi si terrà l’udienza di convalida, al parti dell’autopsia sul corpo di Baldoni. I famigliari hanno reso noto che i due convivevano da un paio d’anni, sebbene si conoscessero da molto di più. Frequenti sarebbero stati i litigi tra i due. L’uomo avrebbe addirittura confessato ai parenti in diverse occasioni di temere per la propria incolumità e di prendere provvedimenti, come nascondere i coltelli, o rimanere chiuso in una stanza quando la sua convivente era in casa. La donna ora è accusata di omicidio volontario aggravato dalla coabitazione. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, sabato avrebbe lasciato l’appartamento di via Castelli a Fabriano, dove il suo convivente è stato ucciso, subito dopo l’aggressione, per poi farvi ritorno quando la sorella della vittima aveva già lanciato l’allarme.

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