Giovanna Boda, già direttrice dell’Ufficio scolastico regionale per l’Abruzzo, dove nel 2009 coordinò la ripresa delle attività scolastiche in seguito al terremoto, ed ex capo dipartimento del Miur, è accusata di corruzione: avrebbe intascato tangenti milionarie in cambio dell’assegnazione di numerosi appalti ad un imprenditore.
ROMA – Emergono nuovi dettagli sull’inchiesta relativa ad un ingente giro di tangenti che avrebbe coinvolto il Ministero dell’Istruzione e che vede coinvolta Giovanna Boda, ex capo dipartimento del dicastero. La dirigente, che nel 2009 si occupò della ripresa delle attività scolastiche per gli studenti abruzzesi in seguito al terremoto che sconvolse la regione e che nel 2011 divenne direttrice dell’Ufficio scolastico regionale per l’Abruzzo, nel luglio scorso ha parlato ai pm che seguono l’inchiesta sulla corruzione al Miur: «Ammetto tutti gli addebiti di cui ai capi A e B che mi avete mostrato ma sicuramente non ricordo nel dettaglio le singole dazioni o utilità anche perché in quel periodo mi ero sottoposta a una forte cura». Cura che l’avrebbe portata ad « avere forti comportamenti compulsivi, depressione e alterazione della realtà».
L’ex direttrice dell’Ufficio scolastico regionale per l’Abruzzo, sposata con Francesco Testa ex procuratore capo a Chieti, è stata a lungo capo dipartimento del Ministero dell’Istruzione. Tra le promotrici delle “Giornate per la Legalità” nel 2014 venne nominata dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, commendatrice in virtù del suo impegno. Tra il 2016 e il 2018 seguì Maria Elena Boschi a Palazzo Chigi, quando l’esponente di Italia Viva, allora nel Partito Democratico, era sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Poi, ritornò negli uffici del dicastero di viale Trastevere.
Oggi è accusata di aver intascato tangenti milionarie, o la promessa di riceverle, dall’imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco. Nei giorni scorsi sono state chiuse le indagini e ci si attende ora la richiesta di processo. Sono 23 gli appalti nel mirino degli inquirenti, per i quali Boda avrebbe ricevuto, o le sarebbero stati promessi, 3 milioni e 200 mila euro.
Ai pm titolari del fascicolo avrebbe detto di non aver avuto «la prontezza di sottrarsi alla grave situazione creata mettendomi in malattia come avrei dovuto fare. Ho avuto un comportamento compulsivo che mi ha indotto a spendere tutti i soldi che mi dava Bianchi di Castelbianco oltre a quello che guadagnavo con il mio stipendio, tanto è vero che non ho più niente, come risulta anche dal fatto che il sequestro nei miei confronti è stato di circa soli 30mila euro». L’ex dirigente del Ministero dell’Istruzione ha aggiunto che: «I miei genitori hanno messo in vendita la casa di proprietà di Limone Piemonte e sono disponibili a darmi il ricavato per potermi consentire di mettere lo stesso a disposizione della Procura e del giudice in modo da effettuare le restituzioni previste dalla legge delle utilità, ricevute ovviamente nei limiti delle mie possibilità».
Intanto spuntano nuovi dettagli e l’inchiesta sulla corruzione al Miur, come anticipato da Il Tempo, potrebbe allargarsi oltre i confini nazionali e sconfinare anche a San Marino. Nell’aprile del 2021, la Guardia di Finanza di Firenze ha intercettato una conversazione tra due persone, una delle quali membro del direttivo del Partito dei Socialisti e dei Democratici sanmarinese, che parlano proprio della Boda: «Sai quella che si è suicidata…che si è buttata giù dalla finestra al Ministero qui in Italia…lì in mezzo c’è uno molto importante di San Marino del Corpo Diplomatico che gli ha dato 640.000 euro, va bene?… e questa cretina è andata a prenderli e depositarli in banca…adesso salta tutto il Corpo Diplomatico… Quella piglia 2.500 euro al mese…ma come si può andare a depositare 640.000 euro in una volta sola?…se non è un’eredità o una vincita…cioè veramente la gente guarda non ci arriva mica con la testa». Il riferimento è al tentato suicidio operato da Giovanna Boda in seguito alla scoperta di essere indagata. Due giorni dopo le perquisizioni nella sua abitazione e nel suo ufficio, si gettò da una finestra del secondo piano, dopo un colloquio con il suo avvocato.
Alessio Consorte afferma di aver avuto accesso ad un documento che dimostrerebbe che il Guerriero di Capestrano, simbolo regionale, sarebbe in realtà un falso creato ad hoc. Ha anche chiesto di poter analizzare il manufatto a sue spese, ma finora tale richiesta non è stata soddisfatta.
CHIETI – Il Guerriero di Capestrano, il manufatto esposto al Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo di Chieti raffigurante «un guerriero dell’antico popolo italico dei Vestini, datata al VI secolo a.c» rinvenuto nel 1934, potrebbe essere un falso creato ad hoc. E’ quanto sostiene Alessio Consorte, regista pescarese che a riguardo ha girato un documentario intotlato “Il Guerriero mi Pare Strano”, che ha provocato anche una diatriba con la Regione.
La vicenda ha avuto inizio nel 2022, quando Consorte ha dichiarato di «aver avuto modo di prendere visione di una lettera pubblicata da un archeologo del Vaticano, padre Antonio Ferrua, che riporta la notizia circa la falsità del Guerriero di Capestrano, il quale sarebbe stato fabbricato ad hoc da un antiquario». Nello stesso anno, il Guerriero entra nello stemma e nel gonfalone della Regione, in seguito all’approvazione di una legge secondo la quale l’opera «valorizza la storia e la cultura regionali, costituendo la sintesi delle culture imperanti nel territorio della Regione Abruzzo».
Lo scorso anno, ad ottobre, Consorte ha chiestodi effettuare l’esame non invasivo XRF cioè la fluorescenza dei raggi X, «da effettuarsi a sue spese e a cura di una ditta specializzata». La richiesta non è stata accolta perché, ha spiegato il Ministero, tali esami erano già stati condotti. Il regista ha chiesto allora di poter prendere visione dei referti. Anche in questo caso non è stato accontentato.
Proseguendo la sua battaglia, Consorte si +è rivolto al Tar, che gli ha dato ragione: «il Ministero della Cultura deve rilasciare al ricorrente copia delle risultanze dell’esame XRF già effettuato sui manufatti in questione, nel termine di 30 giorni dalla notifica o comunicazione della presente sentenza». La Soprintendenza, per conto del Ministero, ha fornito la documentazione, che però, secondo il filmmaker, «non corrisponde a quella di cui il Tar ha ordinato l’esibizione». Da qui una nuova richiesta, sempre al Tar: «un commissario ad acta, al fine di far rispettare la sentenza e ottenere finalmente le prove richieste che il ministero ha dichiarato di possedere».
Sulla vicenda si è espresso anche il Presidente di Regione Abruzzo, Marco Marsilio, che a Chieti lo scorso 28 settembre, in occasione delle Giornate europee del Patrimonio 2024, ha affermato: «Sono stupito di quanto leggo sulle cronache locali secondo cui qualcuno sostiene che il ministero nasconderebbe addirittura le prove dell’autenticità del Guerriero o non vorrebbe mostrarle. Ritengo davvero molto curioso che qualcuno nel ‘34 potesse aver realizzato un monumento, una statua di quelle dimensioni, di quello stile, di quell’altezza, l’abbia sepolta a Capestrano chissà perché e poi l’abbia tirata fuori inscenando la sceneggiata di un falso ritrovamento. Ovviamente, non sono un archeologo, ma penso che la caratura scientifica, accademica e professionale di chi ha curato e continua tuttora a curare tutti gli aspetti legati ai ritrovamenti archeologici – ha proseguito – ci possa fornire ampie garanzie sull’autenticità di quest’opera e sul fatto che sia giusto assumerla come elemento identificante della nostra regione».
Le analisi dell’ARTA hanno rilevato la presenza di sostanze potenzialmente pericolose solo nelle aree immediatamente circostanti la Kemipol. I valori nell’area metropolitana di Chieti-Pescara non hanno superato i limiti. Riaprono scuole ed attività produttive.
PESCARA – Le aziende riprendono le attività e gli studenti tornano in classe a Scerne di Pineto, Chieti e negli altri comuni interessati dai fumi provenienti dagli incendi della Kemipol e della MagMa: i timori relativi alla nube tossica si stanno dissipando in seguito ai risultati delle analisi effettuate da ARTA, l’Agenzia Regionale per la Tutela Ambientale.
La rete di monitoraggio della qualità dell’aria nell’area metropolitana di Chieti-Pescara non ha registrato superamenti dei valori limite. L’agenzia ha comunicato che le prime analisi, effettuate a poche ore dall’incidente alla Kemipol, hanno rivelato «concentrazioni significative di sostanze chimiche organiche potenzialmente dannose per la salute umana, limitate però all’area immediatamente circostante il capannone incendiato. Già a un chilometro di distanza dal rogo, la situazione appare meno critica, con livelli di contaminazione decisamente inferiori».
A Scerne di Pineto, l’incendio è stato domato, ma i Vigili del Fuoco e il personale di Kemipol e del Gruppo Innocenti sono ancora impegnati nella messa in sicurezza dell’area. L’azienda, che l’anno prossimo celebrerà il suo cinquantesimo anniversario, ha espresso il desiderio di riprendere le operazioni nel più breve tempo possibile. «Nonostante i nostri sforzi per contenere le fiamme e limitarne gli effetti, siamo stati costretti a evacuare l’azienda in attesa dell’intervento immediato delle forze dell’ordine», si legge in una nota.
«Fortunatamente, nessuno dei nostri collaboratori ha riportato ferite. Desideriamo ringraziare tutti coloro che ci hanno supportato in questi momenti difficili, in particolare i Vigili del Fuoco di Teramo, L’Aquila, Roseto, Pescara, Chieti e Avezzano, i Carabinieri di Pineto e Atri, la Polizia Stradale di Pineto, il Sindaco di Pineto, i tecnici comunali e la Polizia Municipale. Siamo grati per il loro intervento, che ci dà sicurezza per una pronta ripartenza. Un ringraziamento speciale va anche ai nostri competitor, che ci hanno offerto aiuto mettendo a disposizione i loro impianti per evadere gli ordini. In un mercato competitivo come il nostro, questo gesto è un grande esempio di fair play. Un ulteriore ringraziamento va ai nostri clienti per il loro supporto e comprensione».
Le analisi e i monitoraggi di ARTA dunque, non hanno rivelato situazioni di particolare criticità dopo gli incendi verificatisi a Scerne di Pineto e Chieti Scalo. In Abruzzo, sono installate 16 stazioni fisse di monitoraggio dell’aria, i cui dati, validati dagli operatori dell’agenzia, sono consultabili sul sito dedicato.
Anche se scuole e attività produttive oggi hanno ripreso il loro regolare corso, i divieti legati alla raccolta e al consumo di prodotti ortofrutticoli e foraggio per animali, all’utilizzo delle acque dei laghi ad uso irriguo e al pascolo e razzolamento degli animali restano in vigore fino a domani.
I dati preliminari delle analisi ambientali in seguito all’incendio alla Kemipol di Scerne di Pineto sono «confortanti». E’ quanto emerge in seguito ad una riunione tra i sindaci di Pineto e Roseto degli Abruzzi, l’ARTA e la ASL.
Ad affermarlo il Comune di Pineto in seguito ad un vertice in comune: «A seguito di un incontro appena concluso tra il Sindaco di Pineto e il Sindaco di Roseto degli Abruzzi, l’ARTA e la ASL, si comunica che i dati preliminari relativi alla situazione ambientale risultano confortanti. Vi terremo aggiornati su eventuali sviluppi.
Un nuovo tavolo tecnico è previsto per le ore 17:00, durante il quale saranno analizzati i risultati definitivi dei campionamenti ambientali attualmente in corso, con particolare attenzione alla qualità dell’aria, alla sicurezza alimentare, in special modo per le verdure a foglia larga, e alla salubrità delle acque.
Contestualmente, la Prefettura di Teramo ha convocato un nuovo incontro operativo per fare un ulteriore punto della situazione.
Si invita la cittadinanza a mantenersi costantemente aggiornata attraverso i canali ufficiali per eventuali comunicazioni».