Indagini ancora in corso sul Globo di Matelica, un reperto archeologico di straordinario interesse, del quale sono ancora diversi i misteri da svelare.
MCERATA – Nel 1985 vennero effettuati nel centro di Matelica, presso il Palazzo del Governo, lavori pubblici di normale amministrazione. Un giorno sul posto giunse, interessato e incuriosito, il geometra Danilo Bandini, socio dell’Archeoclub di Matelica. Si avvicinò alla zona in cui gli operai lavoravano e ad un tratto notò, un po’ in disparte, un oggetto in pietra perfettamente rotondo. Chiese dove avessero trovato quel globo: gli risposero vagamente che era stato rinvenuto lì da presso ed era pronto per essere portato via, chissà dove. Danilo Bandini li fermò: qualche valore doveva pur averlo quel reperto. La sfera fu allora recuperata e messa al sicuro. Si incominciò a studiarla e non sarebbero mancate sorprese su quello che sarebbe stato conosciuto come il Globo di Matelica.
Di questo eccezionale ritrovamento ha parlato il 29 ottobre, per la Fondazione Federico II, la prof.ssa Silvia Maria Marengo, già docente di Antichità Greche e Romane presso l’università di Macerata. Alla sua conferenza, ‘L’orologio solare di Matelica tra archeologia, epigrafia e astronomia’, sono intervenuti l’assessore Giovanni Ciccardini di Matelica e lo stesso Danilo Bandini che ha raccontato il rinvenimento. Ha rappresentato l’Amministrazione Comunale di Jesi l’assessore al Turismo Alessandro Tesei. I numerosi intervenuti hanno avuto l’opportunità di osservare da vicino una copia esatta del Globo di Matelica e di assistere alla proiezione di un video minuziosamente descrittivo del reperto.
L’oggetto misterioso è una sfera in marmo chiaro cristallino che riflette la luce se esposto al sole. Ha un diametro di circa 29,3 cm. Mostra incisa intorno una linea come un equatore. Oltre ad una meridiana centrale riporta nella zona superiore tre cerchi concentrici con didascalie in greco e segni zodiacali. Al di fuori sono indicate le ‘tropai’, cioè i solstizi d’inverno e di primavera con lettere greche a funzione numerale. Una volta identificato come ‘oggetto di interesse scientifico e archeologico’ ci si è rivolti a diversi studiosi per analizzarlo e comprendere storia, uso e significato.
È innanzi tutto da precisare che l’oggetto, se pure rarissimo, non è un unicum. Ne è stato ritrovato uno simile in Grecia a Prosymna; più grande, di progettazione e datazione anteriore, ma con segni grafici simili. Si è scoperto che si trattava di un oggetto votivo offerto ad Era da una sacerdotessa. Si è riusciti anche ad identificare le funzioni dei due globi. Erano calendari con indicazione delle stagioni, delle ore del giorno, dei mesi e dei solstizi. Le misurazioni erano dedotte dall’incidenza dell’ombra segnalata su una fila di punti regolarmente distanziati sulla superficie. Molti altri interrogativi tuttavia rimangono o hanno avuto solo non esaurienti risposte. Quale datazione hanno i due reperti? Chi li fabbricò? In quale contesto è stato ritrovato il globo di Matelica e fu qui che venne effettivamente realizzato? Oppure come e perché un oggetto simile è giunto nella cittadina marchigiana? Può avere anche un significato simbolico?
Poco di tutto questo è stato accertato. L’origine greca è sicura, ma la realizzazione può essere avvenuta in epoca romana. La conoscenza del contesto urbano del ritrovamento sarebbe importantissima per indicarne la funzione, ma purtroppo quello di Matelica è andato perduto anche se è indubbio che città crebbe su ripetute stratificazioni. Tuttavia non si è ancora ricorsi all’uso di innovative strumentazioni capaci di effettuare rilevamenti senza ricorrere a scavi.
Quanto alla datazione occorre ricordare che i romani incominciarono a conoscere le meridiane, che conservarono poi come oggetti preziosi, soltanto durante la seconda guerra punica. Cesare ebbe particolare interesse per l’astronomia così come Augusto che fece costruire un grande orologio solare a Campo Marzio. Dunque secondo l’ipotesi più plausibile è possibile datare il globo ad età imperiale, quando Matelica raggiunse effettivamente una notevole importanza politica e strategica. Come sia pervenuto sul luogo è però un mistero: per mare o via terra è ugualmente plausibile.
Anche quanto alla ideazione e alla fruizione più di una ipotesi è stata formulata. La più attendibile è che il Globo di Matelica, ma anche quello di Prosymna, potrebbero essere stati costruiti in base alle conoscenze astronomiche e filosofiche, da tempo acquisite, non di uno, ma di diversi studiosi. Vero è infatti che l’osservazione del cielo risale a tempi remotissimi, tanto che i nomi dei più antichi astronomi non sono nemmeno passati alla storia. È possibile che il globo facesse parte dell’arredo di una scuola, o di un cenacolo di filosofi in sostituzione magari di una più semplice meridiana. Meno probabile che fosse un oggetto privato, non esposto al pubblico. Difficile in questo caso sarebbe stata l’interpretazione delle minuziose scritture. In ogni modo esistono alcune raffigurazioni di sfere solari che possono illuminare sul loro uso.
In diversi bassorilievi Urania, dea dell’astronomia, è rappresentata con un globo in mano, simbolo dell’universo. Di grande interesse anche il ‘mosaico dei filosofi’, conservato nel Museo Nazionale di Napoli. Nelle scena appaiono sette filosofi (o scienziati?) che discutono di fronte ad un oggetto rotondo posato a terra, molto simile al globo di Matelica. Nel Museo Archeologico di Firenze è conservato anche un sarcofago con un bassorilievo che illustra la nascita di un bambino al quale le Parche formulano l’oroscopo reggendo in mano un grande sfera. Molto in ogni modo c’è ancora da scoprire intorno a questo prezioso reperto archeologico; tanto che l’Amministrazione di Matelica ha proposto l’assegnazione di una consistente borsa di studio a laureandi che effettuino ricerche sulla storia di Matelica e del suo misterioso globo. La relatrice lo ha definito ‘un messaggio in bottiglia lasciato dai nostri avi’. Come tutti i tesori ritrovati ha suscitato e continua a suscitare molto interesse non solo a studiosi e archeologi. Da segnalare però che non è possibile oggi osservarlo a Matelica dove, a causa del sisma, ha cambiato non una sola volta la sede d’esposizione. Sarà in mostra altrove in Italia; prossimamente, corredato da supporti audiovisivi, nel Museo delle Terme di Diocleziano a Roma.
Augusta Franco Cardinali