I carabinieri del Nas di Pescara hanno eseguito una serie di controlli sulla filiera della carne in Abruzzo, al termine dei quali 250 chili di carne sono stati sequestrati. Le principali irregolarità riscontrate riguardano la conservazione degli alimenti, le condizioni igienico-sanitarie e violazioni in termini di tracciabilità.
PESCARA – In tutte le province d’Abruzzo, i carabinieri del Nas hanno eseguito una serie di verifiche e controlli all’interno degli stabilimenti della filiera della carne, in seguito al quale hanno riscontrato diverse irregolarità. L’operazione è culminata con il sequestro di 250 chili complessivi di carne, per un valore quantificabile in circa cinque mila euro, ed hanno disposto il divieto di movimentazione per 10 capi di bestiame risultati sprovvisti di marchi auricolari attestanti le regolarità sotto il profilo amministrativo e sanitario. Il chip all’orecchio, andando a riassumere.
A Pescara, nella macelleria di un’azienda della grande distribuzione organizzata, le carni venivano conservate in condizioni di promiscuità, in contenitori privi di coperchio e dunque soggetti ad un elevato rischio di contaminazione. Nel manuale H.A.C.C.P. poi, mancava la previsione di una zona dedicata alla lavorazione di altre tipologie di alimenti.
A L’Aquila, sempre nel reparto macelleria di una catena di distribuzione alimentare, gli ispettori hanno trovato sporco e e resti d lavorazione sparsi, oltre a contenitori di rifiuti non idonei e l’assenza di ostacoli agli infestanti.
Carenze igienico-sanitarie anche nello stabilimento di macellazione di Chieti dove è avvenuto il sequestro di carne più ingente dopo i controlli del Nas di Pescara in Abruzzo, a causa della sporcizia accumulatasi sulle superfici e nelle celle frigorifere. Sempre a Chieti poi,in cinque macellerie sono state riscontrate carenze anche dal punto di vista strutturale, in riferimento all’idoneità dei locali adibiti a conservazione dei cibi.
Tra Chieti e Teramo invece, tre aziende agricole dedite all’allevamento di bovini e suini, sono state riscontrate carenze in termini di biosicurezza degli animali, oltre alle inadeguatezze igienico-sanitarie e strutturali. Nelle stalle mancavano le protezioni antivolatili e le recinzoni con le punte acuminate, le aree per lo stoccaggio del fieno e dei cereali non erano adeguate e il personale non era preparato sui rischi di malattie infettive e sulla gestione dei capi di bestiame.