Da Il Martino cartaceo n. 12 del 27.06.2016
Accendere la tv e sentir parlare solo di attentati terroristici, di femminicidi, di crisi economica, di catastrofi naturali causate dal cambiamento climatico, diciamocelo pure, non è proprio il massimo.
Poi, ciliegina sulla torta, arriva il bollettino quotidiano di migranti morti annegati.
La visione di quei barconi stracolmi di persone ammassate come bestie da banditi senza scrupoli che si fanno pagare fior di quattrini per portarli verso una morte quasi certa, ci fanno pensare che non sempre dentro la testa di un essere umano ci sia il cervello di un uomo.
Poi capita di guardare un film in tv e di rendersi conto che quello che stiamo vivendo forse non è il momento più buio dell’umanità, che ci sono stati momenti peggiori e che, cosa che a molti potrà sembrare inconcepibile , una volta i migranti eravamo noi.
Il film che ha dato la stura a questi pensieri in libertà che si rincorrono nella mia testa è “Nuovomondo” di Emanuele Crialese.
Mi piacerebbe che questo film fosse fatto vedere in tutte le scuole italiane: gli studenti certamente rimarrebbero stupiti da quelle che erano le speranze degli emigranti italiani rispetto alle misteriose americhe o ai paesi del nord europa. Per esempio, il fatto che si facessero ingannare da cartoline che mostravano enormi ortaggi o strade piene di latte; miraggi che li spingevano immediatamente a liberarsi per pochi denari dei loro già miseri averi sperando di trovare la ricchezza al di là dell’Oceano oppure semplicemente al di là delle Alpi.
A quelli che oggi predicano odio e violenza, farebbe bene conoscere la cruda realtà dell’emigrazione italiana. Quando i nostri connazionali venivano schiavizzati e sfruttati come manodopera a bassissimo costo nelle fabbriche statunitensi o nelle sterminate piantagioni brasiliane o argentine e truffati da farabutti senza scrupoli. Quando le donne italiane erano cedute ai bordelli di tutto il mondo e i bambini venduti ai pedofili.
Al di là della demagogia che ispira le battute della maggior parte dei nostri politici, è giusto che gli italiani sappiano quanta somiglianza ci sia tra i barconi strapieni di migranti che arrivano (o purtroppo non arrivano) sulle coste della Sicilia, e le traversate che hanno caratterizzato l’emigrazione italiana fin dalla fine dell’ ‘800. Con punte anche di 500.000 partenze l’anno, i migranti italiani sono stati sottoposti al giogo di armatori senza scrupoli, che pensavano solo ai loro sporchi interessi, ai quali non importava di sporcarsi le mani, che li ammassavano nelle stive e li stipavano peggio delle bestie. Quei viaggi per mare si trasformarono in un’ecatombe, che è costata la vita a migliaia di nostri concittadini che chiedevano solo di lavorare per sopravvivere.
Guardando le immagini di Lampedusa, tutti noi dovremmo sapere che nel momento in cui la schiavitù degli Africani divenne illegale, cominciò quella dei “negri bianchi”, degli italiani costretti a una traversata che durava come minimo un paio di settimane, in condizioni disumane, le stesse condizioni che si trovano a vivere i migranti che oggi arrivano sulle nostre coste. Sia allora che adesso l’essere umano viene considerato come una merce dalla quale ricavare profitto.
Forse, conoscendo questi fatti, gli studenti capirebbero quello che non si deve mai dimenticare: innanzitutto che siamo tutti esseri umani, poi che dalla storia bisogna imparare, così da non ripetere sempre gli stessi errori.
Bisognerebbe comprendere le ragioni che spingono migliaia di uomini, donne e bambini ad affrontare un viaggio in cui le possibilità di lasciarci la pelle sono superiori a quelle di scamparla.
È necessario anche informarsi per sapere che mentre noi, cento anni fa, fuggivamo solo dalla povertà, oggi i migranti che partono dalle coste africane sfuggono dalle guerre e dalle persecuzioni; e chi scappa perché teme per la propria vita non è un clandestino, ma un profugo che deve essere soccorso e aiutato, non per spirito umanitario ma per il diritto d’asilo sancito da vari trattati.
In conclusione, vorrei citare un testo che sembra un articolo di alcuni giornali italiani dei nostri giorni, ma che in realtà è una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani dato alle stampe nel lontanissimo ottobre 1912:
“Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura.
Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perchè tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti.
Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina.
Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.
Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.
Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti.
Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.
Le nostre donne li evitano non solo perchè poco attraenti e selvatici, ma perchè si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati, dopo agguati in strade periferiche, quando tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali.”
Historia magistra vitae.