Cesare Pavese – che non era pavese e neppure abruzzese – diceva: «nulla è volgare di per sé, ma siamo noi che facciamo volgarità secondo come parliamo o cosa pensiamo». L’offesa, specialmente quella dialettale, è un’arte nobile; poiché non mira all’ingiuria (solitamente), ma alla presa in giro. E ridere nobilita l’uomo.
Attraverso la pagina “L’abruzzese fuori sede” – grazie ai commenti degli utenti e tramite un sondaggio – sono state raccolte alcune delle offese più amate dagli abruzzesi, partendo dagli evergreen, giungendo a delle chicche non banali. Non esistendo una lingua abruzzese unica, sono state inserite le frasi più utilizzate a livello regionale, nei vari dialetti, in ordine alfabetico.
– Ar’cala da ssa piand/piticon/quercia: Abbassa la cresta.
– Cacacazz: Persona noiosa, stancante.
– Chiappagallì: Fanfarone, chiacchierone inutile.
– Chisciccis/’sciccis: Che tu possa morire.
– Cellangulo: Volendo: “Bimbominkia”.
– Cengion: Scarso.
– Fangul.
– La fregna di sorete/mammete ecc.: Celebre sinonimo di vulva dei dialetti centro-meridionali. Si noti la tipica enclisi del possessivo (tua madre — mammete).
– Lu cazz che te frech: Svariati gli utilizzi per il primo termine; in questo caso: “Non sono d’accordo con te, stai dicendo un’idiozia”. Segnaliamo, inoltre:
– Che cazz vu!?
– Chi cazz ti cunosc’?
– Mammalucc: Persona di non rapidissimo pensiero.
– Maulone: Gattone, tipo furbo.
– ‘Mbapite-‘Mbapì/’Ndundite-‘Ndundì: Tonto, tontolone.
– ‘Ndrigande/’Ndricante: Traffichino, tipo losco.
– ‘Ngul a mammet (Ngula a mammete): la frase regina, il mantra di ogni vero cittadino d’Abruzzo. Pronunciata quasi come una parola unica, con echi ancestrali e salmodianti. L’offesa alla madre – non a caso – è un classico mondiale.
– Puzza/Puzz/Puozz: Le offese con Puzza (che tu possa) e varianti sono infinite, ne ricordiamo alcune:
– Puzza avè na raja – T’ puzz arrajà (Che tu possa avere un forte dispiacere).
– Puzza avè na fun ‘nganne/ Che t’ puzza noma mbenn (Che tu possa perire tramite impiccagione).
– Puzza cacà li chiuv. (Che tu possa defecare dei chiodi, con dolore).
– Puzza fa bubbù. (Solitamente rivolta a dei bambini).
– Puzza fa la vav/ la vav giall/ la vav nir (Che tu possa fare la bava gialla o nera, stare male).
– Che ng’ puzza arr’và. (Che tu possa cadere nel tuo incedere).
– Che t’ puzza cicà/ard/sfiatà. (Che tu possa divenire non vedente/ bruciare / soffocare).
– Che t’ pozza pija nu tucch/tocch. (Che tu possa avere un male improvviso).
– Puzza ittà lu sangue/ Puzza avè nu sbucch d’ sangue. (Che tu possa avere un’emottisi). Variante tipica: Puzza jettà lu velen.
– Puzza ‘ngarrà li dind. (Che tu possa serrare i denti/morire).
– Puozza sendì la messa ppe llungh. (Che tu possa ascoltare la messa allungato/dalla bara).
Bonus:
– Che te pozzene cresce j’occhi alle tinocchia, cuscì quanne cammini pe’ le restoppie te cichi! Che possano crescerti gli occhi sulle ginocchia così quando cammini per le restoppie (stelo della pianta del grano dopo l’aratura) diventi cieco. (Marsica).
– Puzza cascà pi li scal ng li man/min ‘nsaccocce. (Che tu possa cadere da una scala con le mani in tasca, senza possibilità di proteggerti).
– Se ngià rivedem la mmanganze puzza esse la tua. (Nel caso in cui non dovessimo rivederci, spero che a mancare sarai tu).
– Quanno dio stea a somentà lo stupido, ncima a ti s’è scioto ju saccu. (L’Aquila): Inserita, nonostante la peculiarità dialettale, per l’eccezionale inventiva: Quando Dio stava seminando la stupidità, sopra di te si è sciolto il sacco.
– Sagnon: Una sagna, un tipo molle.
– Salablacco/Salabracc: Scemo, Boccalone.
– Sturd’llit/Stupitò: Stordito/Molto stupido.
– Ti la coccia sol pe spartì li recchie: Stupido, senza cervello.
– Ti trit gne/nda lu sal fin: Ti faccio molto male.
– Turdacò: Tordo. Tonto.
– Vann/Va’ a pasc’ li pecure: Vai a far pascolare le pecore, vai a lavorare.
– Vatt a r’ponne /a durmì: Fatti da parte, togliti di mezzo.
– Voccapè: Di persona semplice, non molto intelligente.
– Zalleccus: Sporco, sporcaccione. Utilizzato sovente nel detto popolare: “Chi è schifus, è zalleccus” (Chi fa troppo lo schizzinoso, spesso, è lui stesso uno sporcaccione).
L’articolo è in continuo aggiornamento.