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Focus

Come eravamo: le chiese

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Dal Martino cartaceo n. 31 del 18.04.2016

Nel lontano 1803, Colonnella aveva poco più di mille abitanti, e quasi la metà di essi viveva nella zona rurale della Marina, che si estendeva dalla foce del Tronto a quella della Vibrata. Per gli abitanti della Marina era molto disagevole recarsi la domenica o negli altri giorni festivi a Colonnella per assistere alle funzioni religiose. Per questo motivo, uno dei personaggi più facoltosi residenti a Colonnella, il signor Giuseppe Cesarini, mise a disposizione un suo terreno in quella che oggi è via Po, affinché si costruisse una chiesa per consentire alla popolazione della Marina di partecipare alla messa.

Grazie anche all’aiuto del fratello di Giuseppe Cesarini, importante figura della curia vescovile di Ripatransone, Monsignor Aldobrando Cesarini, il 15 ottobre del 1842 fu consacrata la Chiesa della Madonna della Consolazione. Fino al 1920, la chiesa della Madonna della Consolazione non fu altro che una succursale della parrocchia di Colonnella, e infatti il parroco colonnellese si recava di tanto in tanto a celebrare la funzione nella chiesetta di via Po. Solo quando gli abitanti di Martinsicuro raggiunsero le tremila unità, il vescovo di Ripatransone, Monsignor Luigi Bosco, anticipando di circa quarant’anni la scissione amministrativa del nostro territorio dal comune di Colonnella, costituì una nuova parrocchia che da allora porta il nome di Chiesa del Sacro Cuore di Gesù. La piccola chiesetta della Madonna della Consolazione, in attesa della costruzione di una nuova chiesa dalle dimensioni proporzionate al crescente numero di abitanti, fu temporaneamente adibita a sede della nuova parrocchia.

Il primo prete di Martinsicuro –non ancora comune- fu Don Sigismondo Liberati, parroco dal 1920 al 1954, il quale si attivò immediatamente al fine di costruire una chiesa che potesse davvero accogliere tutti i fedeli. Ci vollero parecchi anni per vederla realizzata, e grazie al contributo economico dei cittadini e della curia vescovile, finalmente il 23 giugno del 1929, festa del Sacro Cuore di Gesù, per quasi tutti i martinsicuresi fu possibile assistere alla prima messa nella nuova chiesa.

Dai racconti delle parrocchiane dell’epoca, nella figura di Don Sigismondo ci sembra di intravedere il Don Camillo di guareschiana memoria: un prete all’antica, molto rigido nel far rispettare i dettami del cattolicesimo, severo anche nel dispensare le penitenze post confessione. Fonti certe parlano addirittura di minacce di punzecchiamenti negli occhi con matite attraverso i fori del confessionale, qualora il peccato fosse stato davvero troppo grave, così da indurre il malcapitato a tenersi lontano dalle tentazioni e a non cadere di nuovo nel peccato.

Alla morte di Don Sigismondo, il suo posto fu preso da Don Primo Plebani, che fino a quel momento era stato il suo vice parroco. Così come Don Sigismondo si era dato da fare per costruire la nuova chiesa, Don Primo si prodigò al fine di ampliarne la capienza con la costruzione delle due navate laterali. Merito di Don Primo fu anche la costruzione del campanile. L’inaugurazione avvenne il 5 novembre del 1961, in occasione delle celebrazioni ufficiali del primo centenario dell’unità d’Italia. Un aneddoto relativo alla costruzione del campanile racconta dell’incessante opera di convincimento di Don Primo nei confronti dei marinai martinsicuresi, al fine di convincerli a devolvere a favore della costruzione del campanile i quattro milioni di lire da essi ricevute da parte del governo come contributo straordinario per la pesca.

I marinai alla fine acconsentirono, ma pretesero una contropartita: la piramide che sovrasta il campanile doveva essere ricoperta da un patina dorata, allo scopo di poter essere visibile anche in alto mare e fungere da faro di orientamento per tutti i pescatori durante le loro battute di pesca a largo delle coste martinsicuresi.

Dopo aver ricordato Don Sigismondo che fece costruire la parte centrale della chiesa e Don Primo che ne fece costruire le due navate laterali e il campanile, degno di menzione è anche Don Giacomo, al quale va il merito di aver fatto costruire il porticato antistante all’entrata della chiesa.

Vogliamo chiudere questo articolo dedicato alla chiesa e ai parroci di Martinsicuro ricordando l’attuale parroco Don Patrizio e augurandogli di trovare anche lui un nuovo pezzo di chiesa da costruire per poter essere ricordato come i suoi predecessori.

 

Ancona

“La Crociata dei fanciulli”: fede, innocenza ingenuità

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la crociata dei fanciulli convegno a Jesi
I relatori dell'evento insieme all'assessore alla Cultura di Jesi, Luca Brecciaroli (Foto di Cristina Franco).

Le Crociate non furono soltanto imprese di guerra indette per arginare una dilagante espansione islamica. Il miraggio della Terrasanta attrasse anche diseredati in cerca di fortuna, mercanti e avventurieri. A volte, certo, anche pellegrini che solo per fede o penitenza lasciavano la loro terra per raggiungere Gerusalemme e i luoghi sacri. Erano spesso infiammati da un fervore che rasentava l’esaltazione e il fanatismo. Il più straordinario di questi esodi di massa fu senz’altro ‘La Crociata dei fanciulli’ o ‘degli innocenti’. Non si concluse felicemente, ma lasciò un ricordo così persistente da suggerire fiabe e, in tempi recenti, persino   fumetti. Di questo evento storico la sera del 5 luglio hanno parlato sotto le stelle, nel cortile del Museo Stupor Mundi, la professoressa Elena Percivaldi, storica, saggista, giornalista e Bruno Letizia, fumettista della Acca Academy. Prima di entrare in argomento la relatrice ha presentato un ampio affresco della situazione  sociale, politica, culturale del tempo in cui la ‘Crociata dei fanciulli’ ebbe luogo.

Siamo nel 1212. Il Cristianesimo, in fase di fervido rinnovamento religioso, aveva raggiunto il confini d’Europa fino alla Scandinavia. Ovunque si erigevano chiese e cattedrali grandiose. Favorevoli condizioni climatiche avevano agevolato lo sviluppo dell’agricoltura e del commercio. In questo rifiorire tuttavia si insinuarono presentimenti nefasti causati da eventi ritenuti straordinari e di tale suggestione da suscitare timori superstiziosi. Non ne ha parlato la relatrice, ma vale la pena prenderne nota perché accesero la fantasia soprattutto della gente semplice. In mare furono avvistati branchi enormi di pesci; nei fiumi, negli stagni, nei laghi proliferò un gran numero di rane che sembrava richiamasse una delle piaghe d’Egitto. Il cielo venne oscurato da stormi di uccelli e da nugoli di farfalle. In Francia cani randagi in gran numero si affrontarono e si sbranarono. Questi ed altri fenomeni legati a coincidenze astrali contribuirono a creare un clima d’attesa come di eventi straordinari. Uno di questi sembrò la ‘Crociata dei fanciulli’. Non ne parlano storici, ma cronisti del tempo – circa quaranta – essenzialmente concordi nel riferirla, non però nell’ interpretarla e valutarla.

Fu nell’estate del 1212 che dal villaggio di Cloyes, in Francia e da Colonia in Germania si mossero due schiere di ‘pueri’ determinati a raggiungere la Terrasanta a piedi. Erano del tutto disarmati e convinti che per loro Dio come a Mosè avrebbe aperto il mare perché lo attraversassero ‘siccis pedibus’. I primi erano guidati da un pastorello di nome Étienne (Stefano). Affermava che Cristo gli era apparso in sogno chiedendogli di consegnare una misteriosa lettera al re di Francia, Adeodato Filippo II Augusto. A Stefano si sarebbero aggiunti circa 30.000 ‘pueri dai sei anni in su’, secondo alcuni cronisti. Giunsero fino a Saint Denis, dove sembra che siano avvenuti diversi miracoli. La lettera fu effettivamente consegnata a Filippo II; il quale però si limitò a consigliare ai ragazzi di tornare a casa. Così alcuni fecero. Altri invece continuarono il pellegrinaggio giungendo fino a Marsiglia. ‘Mali homines’ purtroppo si erano intanto aggiunti ai fanciulli. Di due di questi malfattori si conoscono bene i nomi. Sono Hugo Ferreus e Guilelmus Porcus (!) che fecero imbarcare i ragazzi su sette navi, due delle quali affondarono durante un naufragio, in prossimità della Sardegna, causando la morte dei ragazzi. Le altre proseguirono fino ad Alessandria e Bugia dove i ‘pueri’ furono venduti come schiavi; alcuni ad Al- Kamil, il sultano con il quale Federico II avrebbe stretto un trattato di pace. E proprio dall’imperatore svevo i due ‘orchi’ sarebbero stati più tardi giustiziati.

Gli ‘innocenti’ tedeschi invece  partirono solo per ispirazione divina. Erano migliaia, compresi, dicono, alcuni lattanti. Li guidava un ragazzo di Colonia di nome Nicola il cui emblema era una croce a forma di ‘tau’. Procedettero speditamente, a una media di venticinque chilometri al giorno. Si sostenevano con le elemosine che ricevevano durante il pellegrinaggio, ma non pochi morirono per sfinimento. Giunti a Genova attesero anche loro inutilmente che, come era accaduto ad Étienne a Marsiglia, alle invocazioni di Nicola il mare si aprisse. Alcuni, delusi, decisero allora di tornare indietro, altri trovarono ospitalità presso famiglie genovesi, altri ancora giunsero in Ancona dove pure il mare non si aprì. Altri infine proseguirono fino a Brindisi dove però il vescovo ingiunse loro di tornare indietro. Fu un ritorno desolato. Delusi per il fallimento della loro missione, dovuto a loro avviso a mancanza di fede o a una condizione di peccato, non trovarono più l’accoglienza generosa che avevano ricevuto all’andata. Non pochi morirono di fame.

La ‘Crociata dei fanciulli’ ha lasciato un ricordo non sempre positivo. Da alcuni cronisti fu ritenuta un ‘iter stultorum’, da altri un’impresa voluta per ‘instinctu diabolico’. Non pochi sospesero un giudizio su questa incredibile avventura che tuttavia ha ispirato fiabe – la più famosa è quella del ‘Pifferaio di Hamelin’ – e persino fumetti e romanzi fantasy. Bruno Letizia ne ha mostrato immagini in video. Sono storie disegnate in stili diversi che reinterpretano la vicenda e ne modificano anche radicalmente il significato, ideate da autori italiani, francesi, inglesi, rumeni, giapponesi e americani. Cambia generalmente l’ambientazione, collocata persino nell’epoca della seconda guerra mondiale. La storia ha suggerito anche romanzi. Pagine di tre di questi, – autori Kurt Vonnegutt, Rullio Avoledo, Iris Florina – sono state lette da tre neodiplomate del Liceo Classico di Jesi, Eva Remedi, Maria Borgacci, Emma Lanuti.        

Persiste dunque nella memoria il ricordo di questa eccezionale avventura. Il motivo è da rintracciare nel suo significato universale. I più giovani, i più inesperti, i più semplici e innocenti possono essere facilmente raggirati da disonesti, malfattori, profittatori della loro ingenuità. Per fronteggiarli occorrono accortezza e sagacia; anche astuzia, come pure è scritto nel Vangelo.

Augusta Franco Cardinali

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Martinsicuro, “Historia Magistrae Vitae” concerto e rassegna storica in memoria di Nino Torquati

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museo delle armi martinsicuro

TERAMO – Si svolgerà domenica 16 luglio 2023 alle ore 21:00 presso il Museo delle Armi Antiche sito in via Strada Statale 16 n.39 a Martinsicuro il primo appuntamento della rassegna “Historia Magistrae Vitae”, una serie di eventi organizzati dall’Associazione omonima per ricordare la figura del suo Fondatore Nino Torquati.

Nello spazio all’aperto antistante il Museo, dopo i saluti del Sindaco Massimo Vagnoni a nome dell’Amministrazione Comunale che sostiene da tre anni l’iniziativa,il professor Albino Tommolini grande conoscitore della realtà martinsicurese, in particolare riguardo all’ubicazione degli scavi fatti nei vari anni passati sulla città antica di Truentum, terrà una Conferenza dibattito.

Il suo intervento sarà integrato dalle conoscenze sul campo del pittore Leonardo Carapucci ricercatore di antichità romane sul territorio martinsicurese. Durante la serata ed al termine della stessa si terrà un breve concerto dei sassofonisti fermani Monica Noschese (sax contralto) e Simone Tenerelli (sax baritono) che eseguiranno brani di Bach ma anche classici del Jazz. Per maggiori informazioni sulla rassegna “Historia Magistrae Vitae” 2023 che si terrà a Martinsicuro è possibile consultare il sito web del Comune o l’Ufficio Turismo. È gradita prenotazione al 3356627564.

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E’ scomparso Arnaldo Forlani: il pesarese fu segretario DC, presidente del Consiglio e terza lettera del CAF

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arnaldo forlani

Passato alla storia anche come “il coniglio mannaro” Arnaldo Forlani, si è spento a 98 anni. Già segretario della Democrazia Cristiana, è stato ad un passo dal Quirinale e presidente del Consiglio quando scoppiò lo scandalo P2. Negli anni ’80 era la terza lettera del CAF Condannato a due anni per la maxi tangente Enimont.

PESARO-URBINO – Arnaldo Forlani, ex segretario della Democrazia Cristiana, si è serenamente spento all’età di 98 anni nella sua casa di Roma. Originario di Pesaro e con un passato da calciatore della Vis (debuttò in serie C). La sua carriera da calciatore descrive per certi versi quella che avrebbe seguito n politica: «Ero ambidestro, tiravo bene sia col destro che col sinistro. Così una volta giocavo di qua e l’altra di là. Poi mi chiesero di scegliere: mezzala destra o mezzala sinistra. Fu allora che lasciai il calcio».

Con la scomparsa di Forlani cala definitivamente il sipario sulla Prima Repubblica, che viene dunque relegata ai libri di Storia, per quanto concerne i suoi protagonisti. La carriera politica è stata lunga ed articolata, non senza qualche passaggio in ombra. L’ingresso in Parlamento è avvenuto nel 1958. Vi è rimasto fino al 1994. Due volte segretario DC: la prima elezione nel ’69, la seconda nel ’89. Presidente del Consiglio per breve periodo: dall’ottobre del 1980, al maggio dell’anno successivo, nei mesi in cui scoppiava lo scandalo P2. E’ stato anche ministro degli Esteri nel governo Andreotti III e vicepresidente del Consiglio nel Craxi I e II. Costituiva infatti l’ultima lettera del CAF degli anni ’80: Craxi-Andreotti-Forlani. Nel 1992 è stato ad un passo dal Quirinale. La sua elezione a presidente della Repubblica fumò per appena 24 voti, pare di fronda andreottiana.

Il passaggio più scuro, la condanna in via definitiva per la maxi tangente Enimont, durante l’inchiesta Mani Pulite, per la quale ricevette una pena a 2 anni e 4 mesi.

Dotato di spiccate abilità oratorie, il giornalista Gianfranco Piazzesi lo ha definito “Il Coniglio Mannaro”. Non si sottraeva mai alle domande dei cronisti e rispondeva sempre con garbo, ma spesso utilizzava giri di parole per non esprimere nessun concetto. Quando un giornalista lo interruppe durante un’intervista dicendogli: «segretario non sta dicendo niente», Arnaldo Forlani rispose: «ah, sapessi, carissimo: io potrei andare avanti così per ore».

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