Laureato al DAMS di Bologna in Disciplina delle Arti, Musica e Spettacolo, inizia a dipingere giovanissimo: già a 3 anni, assieme al nonno Ruggero, prende in mano i primi pennelli. I suoi lavori sono presenti in diverse collezioni private; nel 2000 cura la scenografia del programma “Il filo di Arianna” in onda su RAI 2; partecipa all’Expo Shangai Festival con la Present Contemporary Art of Hong Kong; nel 2011 è invitato alla 54a Biennale di Venezia curata da Vittorio Sgarbi. Questa, a sommi capi, la preziosa vita artistica del pittore con cui faremo conoscenza in questi brevi stralci: Giorgio Mercuri, pittore marchigiano dal carisma spiccato e verve artistica estroversa.
Dal 18 novembre 2017 al 6 gennaio 2018, i vostri occhi potranno goderne all’interno di una bellissima mostra allestita allo Iat di Ancona, (ex Magazzini del sale), dal nome ”Il pane nostro”. Il patrocinio mediato è stato concesso dalla rivista ”Contemporart” di Modena e da ”Lo Specchi” – magazine di Porto Recanati, mentre l’evento è promosso dalla Fondazione A.R.C.A. e sostenuto da Federalberghi Marche, Rotary di Ancona e dall’Azienda Vinicola Angeli di Varano: ha ottenuto il riconoscimento culturale dall’Assemblea Legislativa del Consiglio della Regione Marche, dal Comune di Ancona, dal Comune di Senigallia e dall’Autorità di Sistema Portuale
del Mare Adriatico Centrale. Curatore della mostra: Andrea Carnevali. La forma autentica, la luce efficace, la rapidità gestuale e l’espressionismo del colore sono i tratti fondamentali dell’intera poetica del Mercuri, che disegna oggetti che riportano immediatamente al contesto agricolo e sociale della sua amata terra. Mediante espedienti artistici del tutto particolari e identificativi, riesce a descrivere suggestivamente la campagna marchigiana nei diversi periodi dell’anno. Il pittore idealizza mediante metafore significative e mai scontate il tema del gioco e dell’intrattenimento per i bambini: chiunque potrebbe salire sulla giostra del proprio ‘Io’ ed iniziare a fantasticare. Di seguito, un dialogo molto sentito col protagonista.
Benvenuto caro Giorgio. Doveroso, come inizio dialogo, far riferimento alla tua Mostra ”Il Pane nostro”, titolo evocativo e suggestivo che ci suggerisce un chiaro richiamo alle origini sociali della amata terra marchigiana, seppur in un’ottica marcatamente metafisica, ordinata e fuori dagli schemi tradizionali…
<<Il tema che rimanda alla tradizione biblica locale. I Fioretti di San Francesco vennero composti proprio nelle Marche dove da sempre la tradizione francescana ha un forte strato sia spirituale che culturale.>>
Guardando attentamente le tue opere, si ha come l’impressione di essere dinanzi ad un percorso mentale libero da rappresentazioni preconfezionate, sia a livello tecnico (linee, colore, pennellate…) sia a livello concettuale…
<<Le pitture colpiscono in primis per l’intensa vivacità cromatica, che associate ai territori ricchi di dolci e sinuose colline marchigiane affascinano il vedere. Le Marche come mio luogo dell’anima.>>
So che l’incontro con la pittura avviene assai presto, in tenerissima età, già attorno ai 3 anni. C’è qualche immagine che ti viene a mente se ripercorri per un attimo quei momenti?
<<Certo. Più che immagini mi ritornano in mente gli odori. Gli odori dello studio di mio nonno, così pregno di solventi, colori, carte cartoni e colle da lui preparate.>>
Scriveva il tuo omonimo Giorgio Agamben, un filosofo italiano del ‘900 molto amico di Calvino, con spiccato amore per la pittura e la poesia: ‘La filosofia non è una sostanza, ma un’intensità che può di colpo animare qualunque ambito: l’arte, la religione, l’economia, la poesia, il desiderio, l’amore, persino la noia. Assomiglia più a qualcosa come il vento o le nuvole o una tempesta: come queste, si produce all’improvviso, scuote, trasforma e perfino distrugge il luogo in cui si è prodotta, ma altrettanto imprevedibilmente passa e scompare”. Ecco, Giorgio, ringraziandoti per avermi dato l’onore di approcciare alla tua poetica pittorica, la pittura: è una disciplina in cui è possibile definire l’oggetto e i confini, tracciarne la storia lineare e magari progressiva, o esula dall’essere disciplina in sé?
<<Giorgio Agamber ammetto di non conoscerlo, però da un primo sguardo… le sue parole mi sembrano bellissime. Credo che la Pittura possa essere maggiormente definita come disciplina dove si definiscono l’oggetto e i confini, una rappresentazione sintetica e definita. Un racconto perpetuo che inizia dal principio per giungere alla fine. Grazie a te!>>