I famigliari del detenuto morto nel carcere di Castrogno a soli 20 anni rigettano l’ipotesi del suicidio, che però sarebbe confermata dagli esiti della magistratura. Il Sappe: «Questo mette a tacere voci insinuanti ed illazioni davvero gravi ed irricevibili che abbiamo sentito purtroppo girare». Giulia Di Rocco: «il ragazzo era incompatibile col carcere».
TERAMO – Si sono svolti lo scorso sabato 16 marzo i funerali di Patrick Guarnieri, il giovane detenuto di etnia rom morto a soli 20 anni nel carcere di Castrogno lo scorso 15 marzo, giorno del suo compleanno. L’ipotesi più accreditata dagli inquirenti sulla causa del decesso è quella del suicidio, che sarebbe stata confermata anche dagli accertamenti svolti sul corpo del giovane, secondo i quali sarebbe morto per asfissia. Ipotesi che viene però rigettata dai famigliari del ragazzo, i quali non credono che possa essersi tolto la vita.
Dopo essersi radunati per alcuni giorni all’esterno del penitenziario dove il giovane ha perduto la vita, lo hanno ribadito anche ai suoi funerali, lo scorso sabato 16 marzo. In tanti a Mosciano Sant’Angelo hanno chiesto «verità e giustizia per Patrick». Giulia Di Rocco, membro del Forum RSC, Rom, Sinti e Camminanti, istituito dall’UNAR presso il Ministero delle Pari Opportunità, afferma che «il ragazzo era affetto da alcuni problemi di salute», che «non era idoneo al carcere» e che sarebbe dovuto essere affidato ad «una struttura sanitaria controllata». Sul tema ha anche scritto una lettera al Ministro Nordio.
La Procura nel frattempo ha aperto un’inchiesta per far piena luce sulla vicenda. Il sindacato di Polizia Penitenziaria Sappe, ha dal canto suo respinto ogni teoria alternativa a quella del suicidio ed ha così commentato: «Ci conforta molto apprendere che dall’esito degli accertamenti disposti della magistratura sul corpo del povero ragazzo suicida nel carcere di Teramo è stato accertato che il decesso è avvenuto per asfissia. Questo mette a tacere voci insinuanti ed illazioni davvero gravi ed irricevibili che abbiamo sentito purtroppo girare».
Lo dichiara il segretario provinciale Giuseppe Pallini, che prosegue: «La morte del povero giovane ci ha molto colpito ed espiriamo ai familiari il più profondo cordoglio». Donato Capece, segretario generale del Sappe, ricorda invece: «dicemmo fin da subito, quando emersero le prime voci incontrollate sulla morte del giovane detenuto di attendere con serenità gli accertamenti della magistratura perché sapevamo e sappiamo con quale professionalità ed abnegazione si comportarono i nostri colleghi che lavorano nel carcere di Teramo. Avevamo evidenziato e ribadito che in molti avevano tratto giudizi affrettati, senza validi elementi e soprattutto senza alcuna prova. Apprendere, dunque, che dagli esiti dell’autopsia disposta è emerso che il giovane è morto per soffocamento, e non per altro, ci conforta».
Nello stesso carcere, poco più di un mese fa, alla fine di gennaio, è avvenuto un altro suicido. Un problema che non riguarda però solamente Teramo, ma che investe i penitenziari di tutto il Paese. Nei giorni scorsi anche a Pavia e Secondigliano dei detenuti si sono tolti la vita. Sul tema la senatrice Ilaria Cucchi si è così espressa sui propri profili social: «Sono sicura che se il governo non interviene i suicidi continueranno a ripetersi. È una strage annunciata. Ministro Piantedosi, troviamo insieme un’alternativa. È già troppo tardi».