1945-2014. Quasi settant’anni fa terminava il Secondo Conflitto mondiale, lasciando dietro di sé una lunga scia di morte e distruzione. Si trattò di una guerra “nuova”, diversa da quella che l’aveva preceduta nemmeno 20 anni prima,in cui i carri armati sostituirono la guerra di trincea e i cacciabombardieri facevano tabula rasa di tutto quello che si trovava sotto al loro passaggio.
Fu un conflitto che interessò tutti, indistintamente, coinvolgendo in maniera trasversale tutte le fasce della società, da quelle più modeste, ai borghesi e agli “intoccabili” aristocratici. E, ancora una volta, furono le zone di confine a pagare lo scotto maggiore in termini di vite umane e devastazione: lo stesso comune di Martinsicuro, insignito in seguito della medaglia di bronzo al valor civile, pagò il tributo di venti cittadini morti sotto ai bombardamenti alleati .
Ma fu anche un importante sito strategico, infatti la foce del Vibrata, nel nostro territorio, possedeva caratteristiche morfologiche tali da prestarsi in maniera perfetta alla realizzazione di una pista per l’atterraggio degli aerei militari. Furono dunque requisite le proprietà agricole e gli appezzamenti terrieri delle famiglie residenti e, da un giorno all’altro, queste ultime furono obbligate e spostarsi altrove.
Il nuovo campo di aviazione, che ne derivò, ricopriva un’estensione di 25000 mq, compresi tra via Balbo, via Baracca, via de Pinedo e l’attuale via Roma, ex statale, fu definito “Campo di fortuna di Tortoreto Stazione in agro di Colonnella”. I terreni espropriati, le case coloniche ivi costruite abbattute e le coltivazioni, per lo più uliveti e vigneti, furono distrutte per realizzare canali di drenaggio per evitare che l’acqua piovana ristagnasse, rendendo inagibile il campo di atterraggio.Inoltre, lungo la foce del Vibrata stesso, furono realizzate opere di fortificazione e postazioni antiaeree per difendere la zona da tentativi di sbarco nemico e da incursioni via cielo.
Alcuni anziani oggi raccontano delle due “colline” artificiali innalzate nei pressi degli attuali hotel Olimpic e San Remo, che avevano il compito di nascondere i cannoni da eventuali incursioni dal mare. Nel giugno del 1944, i tedeschi in ritirata, pressati dall’avanzata degli alleati, ordinarono ai contadini del luogo di scavare, per tutta la superficie del campo di atterraggio, numerose buche che, riempite poi con spezzoni di aereo, vennero fatte brillare tramite cavi elettrici, a gruppi di venticinque. Al termine di questa operazione non esisteva un solo metro quadro che non fosse stato dissestato dalle esplosioni.
I tedeschi lasciarono dietro di sé un territorio minato, ordigni spesso non visibili e pronti ad esplodere, che continuarono a seminare morte anche a conflitto finito. Con l’avanzata della VII armata degli Alleati, il campo venne spianato da giganteschi bulldozer, riuscendo cosi a ricavare dalle buche e dalle trincee, una pista di fortuna larga 300 metri e che percorreva , da nord a sud, tutta la lunghezza.
La guerra, però, non era ancora finita. Al nord si continuava a combattere e per gli aerei provenienti da quelle zone, era impossibile raggiungere gli aeroporti di Pescara e Foggia: ecco perché molti di essi erano costretti ad atterraggi di fortuna a Campo Casone. Oggi gli anziani ancora raccontano di un bimotore atterrato fortunosamente e abbandonato dal suo pilota, che divenne una preziosa risorsa per gli abitanti del luogo, stremati dalla guerra, e per quali tutto era utile alla sopravvivenza, anche le parti metalliche di un aereo, da poter riutilizzare.
A guerra terminata, abbandonato dai militari e ormai dismesso, il campo divenne nuovamente appetibile per i contadini della zona che, con aratri tirati da due o più paia di buoi, dissodavano e ripianavano i solchi, i crateri e le devastazioni che la guerra aveva prodotto, per poter ricavare, così, terreno coltivabile e fertile. Alcuni anni dopo, con la riforma agricola, quegli stessi terreni furono assegnati legalmente ad alcune famiglie del luogo, le quali vi costruirono le proprie abitazioni e nuovi sistemi di irrigazione dando nuova vita a coltivazioni e impianti agricoli.
Nel corso dei decenni successivi, la Storia tornava a far capolino sotto forma di reperti e ritrovati bellici. Non era inusuale, infatti, che qualche contadino si imbattesse in bossoli di fucili, armi sepolte e ormai arrugginite e granate che affioravano dai terreni. E, purtroppo, molti erano i casi di persone dilaniate dalle esplosioni delle mine disseminate nei campi e sulla spiaggia. Ed incidenti di questo tipo si verificarono anche tra i pescatori che incappavano negli ordigni pescati dalle loro reti che, esplodendo, facevano affondare le barche con tutto il loro equipaggio. Fino a qualche periodo recente, i contadini di zona Casone , durante i loro lavori agricoli, continuavano a ritrovare reperti bellici abbandonati.
Malauguratamente, anche a distanza di tanto tempo, gli ordigni, conservando comunque il loro pericoloso potenziale, hanno continuato a provocare incidenti e gravi lesioni a chi li maneggiava in modo incauto. Un anno fa, a Roseto degli Abruzzi, un uomo riportò gravissime ferite in seguito allo spostamento di una mina risalente al secondo conflitto mondiale.
I nostri territori, a ridosso della linea Gustav, sono stati scenario e protagonista di attacchi e offensive cruente e devastanti e conservano ancora oggi le tracce di quegli avvenimenti ma nessuno, allora, e men che meno ora, ha proceduto ad un’opera di seria bonifica dalle mine e dagli ordigni inesplosi. Le campagne di campo Casone custodiscono tuttora cimeli e reperti che, disinnescati, costituirebbero dell’interessante materiale da esporre in un potenziale museo.