Come tutte le cose che cambiano radicalmente il corso degli eventi, anche la pet therapy nasce per caso quando Boris Levinson, neuropsichiatra infantile che aveva in cura un bambino autistico, un giorno lasciò il bimbo solo nella stanza, dove entrò il suo cane di nome Jingles. Al suo ritorno rimase sbalordito nel vedere il bambino fortemente interessato alla presenza del cane. Fino ad allora era stato molto difficile riuscire ad ottenere attenzione ed interazione con il soggetto autistico ed allora il medico capì che il cane avrebbe potuto fungere da ponte relazionale tra lui ed il suo paziente. E così fu. Nel 1961, Levinson riporta i suoi studi in materia in un testo scientifico pubblicato con il titolo “Il cane come Co-terapista” utilizzando per la prima volta la definizione di Pet Therapy. La nuova terapia dolce che affianca e supporta le terapie tradizionali inizia la sua marcia lentamente e inesorabilmente: negli anni ’80 il governo degli Stati Uniti fonda la Delta Society, nata con lo scopo di studiarne i benefici; in Italia se ne parla per la prima volta nel 1987, in un convegno tenutosi a Milano su “Il ruolo degli animali nella società”; nel 2003 la Camera dei Deputati invita formalmente il Governo italiano a incentivare l’uso della pet therapy e nel 2007 l’Istituto Superiore della Sanità si incarica di stilare un rapporto su questa disciplina in Italia, al fine di poterle dare una normativa ed un inserimento in futuro nel sistema sanitario. Poi nel 2008 la crisi economica internazionale arresta tutto ciò che è arrestabile in ogni ambito. Ma con e nella Pet Therapy si continua a lavorare, socializzare e curare. Ne parliamo con Stefano Moscatelli, educatore ed istruttore cinofilo presso la scuola My Dog di Colli del Tronto insieme ai soci e colleghi Roberta Sgariglia e Antonio Del gobbo, e con Melania Alessandrini, psicologa e operatrice di pet therapy in coppia col suo cane co-terapista Merlino.
Ciao Stefano e Melania, potreste darci una definizione di Pet Therapy?
Oggi con questo termine si intendono tutti i cosiddetti IAA (Interventi Assistiti con gli Animali) che a loro volta si possono suddividere in: AAA (Attività Assistite con gli Animali) che sono interventi di tipo ludico e ricreativo volti al miglioramento della qualità di vita di alcune persone (bambini, pazienti ospedalizzati, anziani, detenuti, ecc.) senza altri obiettivi specifici e programmati; EAA (Educazione Assistita con gli Animali) che sono interventi di tipo educativo o rieducativo seguiti anche da un insegnante o da un educatore che si occupa del paziente e ne valuta i progressi volta per volta, generalmente sono attività volte a stimolare l’apprendimento, la socializzazione, l’affettività, la creatività e sono rivolti a bambini in età scolare o prescolare, normodotati o con handicap; infine ci sono le TAA (Terapie Assistite con gli Animali) che rientrano in ambito medico come co-terapia ed in questi casi il paziente è seguito anche da neuropsichiatri e psicologi. Le TAA sono interventi programmati su una diagnosi specifica di patologia e devono seguire un attento iter terapeutico con valutazione periodica dell’efficacia.
Quali sono i casi in cui è decisamente controindicata?
La pet therapy non si può applicare in quelle patologie organiche in cui è controindicato il contatto con gli animali (allergie specifiche, ferite aperte, ecc.) ed in qualunque condizione ci sia il rischio di maltrattamento degli animali, anche involontario (pazienti ipocondriaci, fobici, affetti da disturbi ossessivo-compulsivi).
Quali sono gli animali coinvolti negli interventi assistiti?
Il cane, il cavallo, l’asino, il coniglio e tutti quegli animali che nei millenni hanno potuto avere con l’uomo un rapporto speciale di collaborazione a vari livelli. Non è consentito utilizzare cuccioli, animali non domestici e rettili. L’adeguatezza sia di specie che del singolo individuo viene comunque valutata da un medico veterinario che abbia conseguito la specializzazione in Scienze Comportamentali (veterinario comportamentalista).
Che tipo di formazione devono avere gli operatori della pet therapy?
Esistono corsi di specializzazione in tutta Italia. Una delle più importanti associazioni in Italia è l’AIUCA Onlus (Associazione Italiana Utilizzo Cani d’Assistenza) che è stata la prima a collaborare in Italia con la Delta Society statunitense.
Stefano la vostra scuola cinofila organizza corsi di formazione e su quali ambiti lavora attualmente?
Attraverso la collaborazione con AIUCA partiranno i corsi di formazione per Operatori nel 2015 ed insieme il progetto DIAMO UNA ZAMPA, nato in ricordo di due persone speciali che ci hanno trasmesso l’amore per i cani, mia madre Annamaria Ettorre e mio suocero Cesare Bruni, progetto che vuole coinvolgere gli operatori professionali e volontari. Noi ci occupiamo di Attività e di Educazione assistita con gli animali ma dal 2015 contiamo di affrontare anche terapie mirate alla patologia.
Melania su cosa hai lavorato come operatrice di pet therapy?
Io e Merlino, che è un cane molto giovane e vivace e quindi per esempio poco adatto ad un carcere, ad un ospedale o ad una casa di riposo, abbiamo lavorato finora soprattutto con i bambini, sia normodotati che affetti da disabilità.
Qual è il percorso formativo che ha dovuto intraprendere Merlino?
Cane ed operatore sono un binomio inscindibile. E’ la relazione tra i due a rendere efficace la seduta (terapeutica, ludica, educativa che sia) e raggiungibile l’obiettivo. Quando decisi di iscrivermi al corso, Merlino dovette superare una prova di selezione, dove ne è stata valutata l’assoluta bontà e assenza di reazioni aggressive, tolleranza alla frustrazione e agli eventi imprevedibili (rumori forti, caduta di oggetti), socievolezza con l’umano, con i bambini e con altri animali (cane, gatto, coniglio). Durante il corso fui quasi scoraggiata dall’affermazione di chi riteneva che un cane di canile non potesse essere un buon “terapista”. Ma la sfida è stata interessante e Merlino ha dimostrato egregiamente quanto falsa poteva essere tale affermazione. Il percorso è stato lungo, della durata di un anno. In sostanza abbiamo seguito un corso di educazione base dell’animale che ha permesso di affiatare ancora di più la nostra relazione. Ad oggi infatti ci basta uno sguardo per capirci!
Come mai non ci sono servizi di pet therapy offerti dal Sistema Sanitario Nazionale?
Questa è una domanda da un milione di dollari, interviene Melania, comunque vi informo che in qualche caso ci sono convenzioni con la Sanità, come ad esempio nell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, dove i 4 zampe sono a lavoro ben due volte a settimana in corsia, per rallegrare i piccoli ospiti.
Melania qual è il tuo punto di vista da psicologa sui benefici della pet therapy?
Non vorrei annoiarvi con lunghi elenchi teorici, vi posso invece fare l’esempio di un bambino con sindrome di Down di 7 anni che, pur parlando, non era mai riuscito a dire una frase intera di senso compiuto. Dopo aver conosciuto Merlino, sapendo che lo avrebbe incontrato di nuovo, la settimana dopo disse alla madre “oggi vado da Merlino”. Sono piccole conquiste che riempiono di gioia.
Stefano avete intenzione di intensificare il lavoro in questo settore e magari aprire una sede anche a Martinsicuro o zone limitrofe?
Ci stavamo pensando e cercando una sede. Un terreno pianeggiante dove poter installare delle strutture. Chi conosce qualche cosa può segnalarcelo.