La chiamano l’altra metà del cielo, presupponendo una condizione di parità con colui che contende l’altra metà, l’uomo, ma in pieno terzo millennio la condizione della donna continua a confermarsi di decisa inferiorità .
Nel lavoro, all’interno delle istituzioni, nella pubblicità, nelle alte cariche, nella ricerca, nell’economia ma, soprattutto, nelle relazioni. Nell’ultimo anno, dati alla mano, è stata uccisa una donna ogni tre giorni, ad arricchire le tragiche statistiche degli anni passati: solo nel 2013 le donne ammazzate da mariti e compagni sono state 179, contro le 157 del 2012 e, purtroppo, i dati confermano un’aumento sempre piu’ costante.
Si prova a correre ai ripari istituendo Commissioni Pari opportunità, promuovendo campagne di sensibilizzazione contro la violenza di genere, applicando una maggiore severità nelle pene contro il femicidio, ma se non cambia la mentalità che sta alla base, background di secoli e secoli di convinzioni arcaiche, radicate e perpetrate nei confronti delle donne, temo che tutto rimarrà invariato.
Perché, se essere abbandonati fa paura, se l’autonomia e l’indipendenza del gentilsesso continua a confondere e mettere in crisi un’uomo sempre piu’ sconnesso e disorientato sulla concezione di “ruolo”, nessun passo a favore di una reale uguaglianza, verrà mai mosso.
E l’uguaglianza di genere sarà una meta sempre piu’ lontana e irraggiungibile se le donne stesse continueranno a conservare quell’atavica, inconfessata, convinzione di inferiorità che impedisce , loro di ribellarsi di fronte alle botte, ai matrimoni combinati, agli stupri perpetrati in ogni angolo del globo senza che nessuno faccia poi molto per fermarli.
E, soprattutto, non dimentichiamo che nella nostra civilissima Italia, solo nel 1981 è stato abrogato il delitto d’onore e il matrimonio riparatore. Mentre, fatto ancor piu’ grave, è del 1996 la revisione della norma che considerava la violenza carnale un reato contro la persona e non solo reato contro la morale, come fino ad allora era riconosciuto.
E’ desolante constatare che anni di infuocate battaglie femministe , in cui sono stati raggiunti traguardi importanti e fondamentali, quali l’approvazione della 194, la modifica del diritto di famiglia che vede la parità tra l’uomo e la donna, l’abolizione dello “ius corrigenti”, norma atroce che giustificava e tollerava la violenza domestica, allo stato attuale delle cose diventino meri aneddoti sui libri di storia.
Perché se oggi si continua a fare la conta delle vittime della violenza maschile, e non quella prettamente e squisitamente fisica, ma anche morale, intima, immaginifica, è grazie, soprattutto, alla perdita di memoria storica e di percezione “umana”.
Anni di comunicazione forviante che spacciava l’immagine femminile come mero oggetto di piacere asservito alle esigenze dell’uomo, ha prodotto danni inenarrabili sull’immaginario maschile. Danni che oggi vengono pagati con tanto di interessi ogni volta che una donna, con il suo rifiuto o con una presa di posizione contraria, “rinnega” quell’immagine che le hanno costruito addosso .
La strada da percorrere è ancora tanta e insidiosa e irta di pregiudizi e convinzioni ataviche difficili da estirpare. A contribuire all’antica discriminazione c’è anche la crisi economica che colpisce in maniera piu’ dura le donne, soprattutto se con prole al seguito, soprattutto se separate e precarie .
Se ogni uomo, acquistando il “canonico” mazzolino di mimose da donare alla sua compagna, madre, amica, vedesse in quel gesto anche il dovere, l’obbligo, di donarle maggior rispetto, considerazione o, piu’ semplicemente, Amore, forse la società, le famiglie, i rapporti, il presente sarebbero migliori. Forse il mondo stesso, sarebbe un bel posto in cui continuare a vivere.