Chi è nato e cresciuto in Abruzzo negli ultimi vent’anni ha avuto a che fare con stati emotivi variegati e profondi: di felicità ancestrale e gioia immotivata, di genuinità e amore verso il lento e inesorabile mondo abruzzese, fatto di tradizione, cucina, mestieri nobili, sogni ed emozioni. Di paura e panico: si, la montagna, che maestosa e perpetua si staglia dinanzi i nostri occhi, è riuscita negli ultimi dieci anni a farci emozionare e spaventare nello stesso momento. Momenti durissimi per l’Abruzzo e per tutti gli abitanti abruzzesi: terremoti a ripetizione, sentimento dell’attesa che ha coabitato nelle nostre anime fino allo sfinimento. L’Attesa per qualcosa che forse mai arriverà, e se arriverà, chissà quando. Dieci anni di sofferenza, di forza, di coraggio, di fatica, di ricordo. Ma anche di speranza, di piccola luce, di sollievo nell’anima. Del resto tutto procede, tra le regole indefinite del cosmo. Tendendo fede agli insegnamenti dei nonni di tutti, siamo stati forti e gentili, e finalmente abbiamo provato a lasciarci dietro panico e paura. A dimostrazione che tutto scorre, per scomodare inutilmente l’antico greco, tutto fluisce e forse tutto passa.
Ecco, dovremmo ora appellarci forte forte a quella stessa forza d’animo, quella stessa direttiva interiore che conosciamo bene. Certo, i dati nazionali e regionali sul Coronavirus non sono per il momento stimolanti. La cruda realtà è questa, senza troppi giri di parole: l’Italia ha oltre 10 mila casi di infettati e quasi 700 morti totali. L’Abruzzo 75 contagiati. I numeri sono destinati a salire, e la gara di solidarietà per aiutare le terapie intensive di ogni città va avanti da qualche giorno, ma il clima generale pare essere sospeso nel vuoto. Notizia mattutina è che arrivano dall’Europa 25 miliardi di euro per l’emergenza: cifra importantissima per provare a sollevarsi dall’enorme buco finanziario che il virus ha portato nelle case degli italiani, oltre a febbre e tosse. Imperativo categorico per tutti è uno, solo e inconfondibile: stare a casa. Uscire solo per motivi di lavoro, salute e strettamente necessari come fare spesa possibilmente non una volta al giorno.
Che un appello interiore si muova dentro ognuno di noi. No panico, no paura. Si coscienza e sensibilità possibilmente silenziosa -che spesso si fa un gran vociare e si parla poco- e buonsenso personale e cittadino. ”Il panico è una improvvisa diserzione da noi stessi, e un arrendersi al nemico da parte della nostra immaginazione”, per scomodare ancora inutilmente, ma profeticamente Christian Nestell Bovee.