I soci della Fondazione Federico II di Jesi, in collaborazione con l’Ente Associazione Palio del Duca, in occasione della XVI Giornata per la Storia, lo scorso 20 novembre, hanno organizzato un’escursione e Montefiore dell’Aso e un convegno di studi ad Acquaviva Picena.
ASCOLI PICENO – In occasione della XVI Giornata per la Storia, soci e amici della Fondazione Federico II di Jesi hanno vissuto, il 20 novembre scorso, una giornata di intense e significative esperienze culturali, attraverso un’escursione in mattinata aMontefiore dell’Aso, segnalato come uno dei borghi più belli d’Italia e, nel pomeriggio, un Convegno di Studio ad Acquaviva Picena a tema ‘Piacere, salute, arte e passioni del Medioevo’.
XVI Giornata per la Storia, l’escursione a Montefiore dell’Aso
Montefiore dell’Aso ha incantato al primo sguardo. Qui davvero ‘il paesaggio è uno stato d’animo’. Dal belvedere antistante le antiche mura si apre uno scenario immenso: un’ampia, ridente vallata con campi ben disegnati, vigneti, oliveti, casolari sparsi; al confine, sulla destra, si scorgono nitidi i monti Sibillini; sulla sinistra, l’orizzonte del mare. Un’artista, Lina Damiani, ha lasciato sulla balconata una originale scultura in mosaico: una ‘Tavola con frutta’ che richiama la varia e pregiata produzione frutticola della campagna circostante. C’è moltissimo da vedere nella cittadina e nei dintorni, ma non tutto è possibile visitare dal momento diverse chiese non sono aperte. Almeno due però sono accessibili: la Collegiata di Santa Lucia e il Complesso di San Francesco adibito a polo museale.
Prima di raggiungerli occorre informarsi almeno sommariamente sulla storia della cittadina. Di antichissime origini, Montefiore dell’Aso fu abitata da popolazioni autoctone e da Piceni, Liguri, Liburni, Pelasgi. D’importanza strategica, fu occupata da Goti, Bizantini, Longobardi e Franchi subendo le contrastate vicende dei guelfi e dei ghibellini. Nel XV secolo per concessione del papa Sisto V vi fu costruito l’Ospedale di Santa Maria della Misericordia; nei due secoli successivi visse il periodo di maggiore floridezza grazie alla presenza di diverse nobili famiglie e di grandi proprietari terrieri. Nell’800 il munifico sindaco Luigi De Vecchis fece installare un acquedotto e dotò la cittadina di un impianto elettrico autonomo, uno dei primi in Italia.
Oltre a questo personaggio di spicco altri non meno illustri sono da ricordare: il cardinaleGentile Pardino che lasciò a metà del XIV secolo nella chiesa di S. Francesco uno splendido monumento funebre in marmo, di scuola napoletana, dedicato ai suoi genitori; il pittore e xilografo Adolfo De Carolis il cui sepolcro è nella stessa chiesa; il pittore Carlo Crivelli, nato a Venezia nella prima metà del ‘400, ma vissuto a lungo nelle Marche, che lasciò a Montefiore dell’Aso un polittico meraviglioso considerato il suo capolavoro, purtroppo ridotto a trittico perché nell’800 smembrato in tavole oggi esposte nei più importanti musei del mondo o disperse.
Anche grandi artisti contemporanei sono nati o sono vissuti qui a lungo: Giancarlo Basili, scenografo teatrale e cinematografico di fama internazionale a cui è dedicata una grande sala del Centro di Documentazione presso il Complesso di San Francesco; Adolfo De Carolis, autore di 69 bozzetti destinati al Palazzo del Podestà di Bologna e poi donati a Montefiore dell’Aso, che ora decorano magnificamente la Sala Consiliare dello stesso Complesso insieme ad una collezione completa delle sue xilografie. Non è da dimenticare anche Domenico Cantatore, pugliese, ma cittadino onorario di Montefiore dell’Aso a cui ha lasciato 114 opere grafiche.
Altro ancora da ammirare: l’intero ciclo degli affreschi dedicati alla vita di Gesù, del Maestro di Offida, che decorano l’antica abside della Chiesa di S. Francesco; il portale in arenaria della Pinnova risalente al X secolo, con formelle i cui soggetti sono ancora in parte da interpretare; e inoltre il Museo dell’Orologio dove sono conservati orologi di ogni epoca e meccanismi di quelli un tempo nelle torri civiche dei quali uno, rarissimo, risalente al XVII secolo. Si lascia la cittadina con la convinzione che Montefiore dell’Aso meriti senz’altro una più lunga visita e che sia uno splendido luogo di villeggiatura: il mare è a pochissimi chilometri, vicini sono anche i Sibillini e le campagne.
XVI Giornata per la Storia, il Convegno ad Acquaviva Picena: Avventure con Donne Cortesi
Nell’antica, poderosa, fortezza di Acquaviva Picena, dove dicono che ancora si aggiri l’inquieto fantasma del Capitano della Rocca, ha avuto luogo nel pomeriggio il Convegno di Studio della XVI Giornata per la Storia organizzato dall’Ente Associazione Palio del Duca in collaborazione con la Fondazione Federico II di Jesi.
L’incontro si è tenuto nella Sala del Palio, prossima alla Piazza del Forte. Dopo il benvenuto del sindaco Sante Infrisoli e dell’assessore alla Cultura Marianna Spaccasassi, la direttrice del Centro Studi Federiciani, Franca Tacconi, ha presentato i relatori facendo presente che esiste un’ampia letteratura intorno ai temi quest’anno considerati dal Convegno. Primo a prendere la parola è stato l’ingegner Maurizio Medori, ex funzionario dell’Ufficio Tecnico del Comune di Acquaviva Picena, che ha trattato l’imbarazzante argomento del meretricio nel medioevo non con disinvoltura e malizia, ma conformemente ad una rigorosa documentazione storica.
«Già nell’antichità – ha esordito – esistevano a Roma le ‘lupae’, sacerdotesse sacre che praticavano la prostituzione. I lupanari caddero con l’impero romano, ma il meretricio continuò a diffondersi. Tra il ‘500 e il 1000 non si hanno notizie a riguardo, ma la prostituzione era certo praticata ovunque. Divenne anche nomade quando le città furono abbandonate a causa di guerre, incursioni, pestilenze e la popolazione si rifugiò in campagne e villaggi. Nell’alto medioevo – ha osservato il relatore – tutti viaggiavano: i re con il loro seguito, i mercanti e i proprietari terrieri che controllavano i loro possedimenti, gli eserciti e i soldati mercenari. Ad eccezione dei chierici, che si muovevano alla ricerca di un maestro, tutti viaggiavano con scorte. A queste appartenevano anche ‘donne cortesi’ che seguivano il flusso di fiere, mercati e persino pellegrinaggi religiosi. Ci si prostituiva quanto mai frequentemente per necessità, per povertà, per sopravvivere in mancanza di altre risorse. Passato l’anno mille le città ripresero vita. Crebbe la popolazione in tutta Europa e si ritenne che la prostituzione dovesse essere istituzionalizzata; almeno in parte perché continuò ad essere praticata illegalmente specie in baracche di fortuna presso i fiumi, ‘au bord de l’eau’ (da cui il termine ‘bordello’).
Si costruirono però legalmente postriboli, bagni pubblici, detti ‘stufe’, e case d’accoglienza. La Chiesa osteggiò l’omosessualità, ma ritenne la prostituzione un male minore della società fino a quando la Controriforma impose maggiori restrizioni e più severi controlli. Più tardi sarebbero venute le cortigiane di lusso, donne contese per la loro avvenenza, spesso anche colte, che posarono per pittori ed artisti».
A corollario della relazione la dottoressa Franca Tacconi ha ricordato le disposizioni prese a riguardo da Federico II. Nel primo libro del Codice Melfitano sancì che le prostitute venissero tutelate equiparandole alle vedove e alle vergini; nel secondo, che le violenze subite dovessero essere denunciate entro otto giorni. Stabilì inoltre che alle madri accusate di aver prostituito le figlie venisse tagliato il naso. Gravissime condanne erano inoltre inflitte a chi uccideva una prostituta. Precedentemente il reato nemmeno esisteva e il colpevole non era né denunciato né punito.
XVI Giornata per la Storia, il Convegno ad Acquaviva Picena: Negli orti segreti
«Si perde nella notte dei tempi lo studio delle erbe – ha esordito il dottor Roberto Magnani, medico chirurgo esperto in Fitoterapia e storia della Medicina – Fin dalla preistoria presso tutte le civiltà si cercò di scoprire le loro proprietà, inizialmente in modo empirico e commettendo errori, poi codificandole e indicandone l’uso. A chi sapeva usare erbe curative vennero attribuiti spesso poteri magici. Nel medioevo lo studio delle piante divenne una vera disciplina presso università e monasteri. In questi i ‘monaci infirmatari’ furono delegati alla ricerca delle virtù terapeutiche e all’uso delle erbe che venivano assunte con preparazioni diverse: come tisane, come infusi di fiori e foglie o in polvere, mescolate con miele. Ogni convento aveva un ‘hortus simplicium’ dove si coltivavano erbe medicamentose. Erano almeno venti quelle di più largo consumo fra le quali salvia, basilico, liquirizia, aloe, papavero, avena, maggiorana, rosmarino, menta.
Venivano conservate negli ’armorium pigmentariorum’, da ritenere le più antiche farmacie. Una santa, riconosciuta come tale solo nel 2012, ma vissuta intorno all’XI secolo, è considerata la ‘patrona delle erbe’: la monaca benedettina Ildegarda di Bingen, autrice di due trattati sulle erbe. Al IX secolo risale invece la fondazione della Scuola Salernitana dove operò una eclettica dottoressa ricordata dalla storia: Trotula, autrice di un importante trattato di ginecologia, puericultura, fitoterapia, igiene, cosmesi. Con un famoso editto Carlo Magno sancì che dovessero essere coltivate almeno 89 specie di piante medicamentose di cui, obbligatoriamente sei: rosmarino, salvia, ruta, menta, cumino, dragoncello. Di alcune erbe, ancora oggi di uso comune, generalmente si ignorano le proprietà benefiche invece ben note in passato. In ogni modo molte delle antiche erbe sono entrate anche nella moderna farmacologia».
XVI Giornata per la Storia, Il Convegno ad Acquaviva Picena: Divertirsi a ricordare
Simpatico e divertente è stato l’intervento, quasi giullaresco, di Pierpaolo Pederzini, qualificato come ‘RimAttore, Comico mnemonico di contatto, Menestrello’. Ha parlato de ‘L’arte della memoria’, cioè delle metodologie a cui è possibile ricorrere per memorizzare le più diverse discipline. È una originale, utilissima materia che egli insegna in tutte le scuole, anche in quelle primarie. La si fa risalire ad epoca lontana, quando non esistevano libri scolastici e gli allievi dovevano ritenere a memoria quanto ascoltavano dal maestro. Si fonda sull’abbinamento di un concetto astratto, scientifico o letterario, con un’immagine o una serie logica di immagini concrete e visibili. Ha strabiliato i presenti ricordando versi singoli di un canto del Paradiso di Dante suggeriti solo da un numero. Ha presentato questo gioco della memoria verseggiando in rima, sorprendendo per la sua abilità di ‘giocoliere della parola’ e regalando sorrisi a tutti.
Simone Traini, cameraman ascolano, e la giornalista Rai Stefania Battistini sono destinatari di un mandato d’arresto emesso dal distrettuale Leninsky di Kursk, in Russia. Sono accusati di essere entrati illegalmente nel territorio della Federazione, passando dall’Ucraina.
ASCOLI PICENO – Il cameraman ascolano Simone Traini e la giornalista del Tg1 Stefania Battistini lo scorso 6 agosto sarebbero entrati in Russia per documentare un’incursione di unità armate ucrainenella regione di Kursk e per questo sono destinatari di un ordine d’arresto.
Lo afferma l’agenzia di stampa Interfax, la quale cita fonti del servizio stampa della magistratura russa. In base a quanto riportato, sarebbero entrati in Russia in compagnia di altre persone non identificate, a bordo di un veicolo militare ucraino. Al momento non si trovano nel territorio della Federazione.
Sulla vicenda è intervenuto il ministro degli Esteri Tajani, che su X (ex Twitter), ha definito il mandato d’arresto russo una «nuova persecuzione nei confronti della libertà di stampa». Usigrai «chiede una presa di posizione unanime del Governo contro questa ennesima intimidazione nei confronti dei giornalisti italiani. Esprimiamo tutta la nostra preoccupazione per i contorni che sta assumendo questa vicenda, rinnoviamo». Secondo la Rai il mandato d’arresto rappresenta «un atto di violazione della libertà d’informazione»
L’operatore e la reporter italiani non solo gli unici giornalisti ad essere stati inserito nella lista dei ricercati da Mosca: ci sono anche Nick Walsh della Cnn, Nicholas Simon Connolly della Deutsche Welle, Natalya Nagornaya, corrispondente dell’emittente tv ucraina 1+1, ed altre due giornaliste ucraine, Diana Butsko e Olesya Borovik.
Si è conclusa l’operazione nazionale “Mare e laghi sicuri 2024”, coordinata dalla Direzione Marittima delle Marche e promossa dal Comando Generale della Guardia Costiera, avviata ad inizio estate.
ASCOLI PICENO – L’operazione “Mari e Laghi Sicuri 2024” della Guardia Costiera si è chiusa con successo. L’attività nazionale avviata ad inizio estate, ha coinvolto un vasto dispiegamento di uomini e donne, oltre a mezzi specializzati, con l’obiettivo principale di garantire la sicurezza in mare, la protezione dell’ecosistema, della biodiversità marina e del demanio marittimo.
Un’operazione, che ha coperto il periodo da giugno a settembre, in cui donne e uomini della Guardia Costiera sambenedettese sono stati coinvolti – via mare e via terra – al fianco delle migliaia di bagnanti e diportisti che hanno scelto le coste picene quale località di svago.
A fronte di circa 2500 controlli, sono state accertate 63 infrazioni amministrative. Nell’ambito del diporto, principalmente per aver navigato all’interno di zone riservate alla balneazione e talvolta senza talune tra le dotazioni di sicurezza previste.
A queste attività si aggiungono poi i costanti controlli sull’intera filiera della pesca, a tutela del consumatore finale, oltre che a protezione della risorsa ittica ai fini del suo ripopolamento. In particolare, durante l’estate, si è posta attenzione ai punti di ristorazione ubicati lungo il litorale. Il bilancio è stato di oltre 2 tonnellate di prodotto ittico sequestrato oltre all’irrogazione delle corrispettive sanzioni pecuniarie.
Inoltre, nell’ambito dell’operazione sono state effettuate mirate ispezioni di natura demaniale ed al termine dell’attività si contano nr. 9 notizie di reato. I responsabili sono stati deferiti alla locale autorità giudiziaria, ma soprattutto sono stati restituiti alla pubblica fruizione oltre 4000 mq. di spiaggia indebitamente occupata.
Il Comandante della Capitaneria di porto di San Benedetto del Tronto ha espresso grande soddisfazione per i risultati ottenuti, sottolineando l’importanza anche del lavoro sinergico tra operatori ed istituzioni locali. «Questa operazione ha dimostrato quanto sia fondamentale un’attività di prevenzione costante e capillare per garantire la sicurezza in mare e lungo le nostre coste. Non meno importante si è rivelata l’attività di controllo che viene effettuata lungo la filiera della pesca ed a tutela del demanio marittimo, settori cruciali per la salvaguardia del territorio e delle risorse» ha dichiarato il Comandante Alessandra Di Maglio.
Rimarrà sempre alta l’attenzione della Capitaneria di porto anche nei mesi autunnali ed invernali, periodo in cui continuerà vigilanza e monitoraggio dell’intero territorio di giurisdizione al fine di prevenire e, se del caso, contrastare comportamenti illeciti e potenzialmente pericolosi.
La Guardia Costiera continua ad operare al fianco di tutti i fruitori del bene “mare” anche ora che Mari Sicuri 2024 è terminata ed il contributo di ciascun cittadino rimane comunque fondamentale: per qualsiasi emergenza in mare, ricordiamo l’importanza del Numero Unico Europeo per le Emergenze 112 e del Numero Blu 1530, attivo 24 ore su 24 e gratuito su tutto il territorio nazionale.
L’uomo, di 60 anni, era nato a San Benedetto del Tronto, ma risiedeva a Martinsicuro da diversi anni. Si trovava su un barchino impiegato per la pesca alla lampara insieme ad un altro pescatore al momento dell’incidente
ASCOLI PICENO – Tragedia in mare questa mattina, mercoledì 25 settembre, al largo di San benedetto del Tronto, dove, intorno alle 5:00, una barca con due pescatori a bordo è affondata. Uno dei due marittimi è deceduto.
A perdere la vita è stato Tommaso Fioravanti esperto marittimo di 60 anni residente a Martinsicuro, ma originario di San Benedetto del Tronto. La sua scomparsa ha segnato entrambe le comunità e chi lo conosceva lo descrive come una persona benvoluta e rispettata.
L’uomo era imbarcato su una lampara impegnata in una battuta di pesca. Sava manovrando un barchino calato dalla nave principale, sul quale era montata la luce utilizzata per attirare i pesci in superficie, quando l’imbarcazione è affondata. Immediatamente l’equipaggio ha lanciato l’allarme e si è gettato in mare, ma solo il pescatore che era con lui è stato recuperato in tempo.
Il capitano della nave sulla quale la persona che ha perduto la vita era imbarcata è stato ascoltato dagli inquirenti, al lavoro per ricostruire la dinamica dell’incidente avvenuto al largo di San Benedetto del Tronto e capire per quale motivo la barca con i due uomini a bordo sia affondata. E’ probabile che la Procura disponga un’autopsia sul corpo della vittima al fine di accertare la causa del decesso e stabilire se abbia accusato un malore prima dell’affondamento.