Alla base della scissione del Partito Comunista, la scelta dell’Ufficio Politico di restare all’interno di Democrazia Sovrana e Popolare e la sua trasformazione da federazione a partito strutturato: «speriamo che quello che rimane del gruppo dirigente capisca gli errori che sta commettendo».
TERAMO – Il segretario del Partito Comunista Abruzzo Antonio Felice, i membri della Federazione Abruzzo ed il membro del Comitato Centrale e della Segreteria delle Marche Mirella Baldoni sono tra coloro che lasciano il PC in polemica con la maggioranza dell’Ufficio Politico: «Noi siamo e ci sentiamo il Partito Comunista. Siamo costretti a lasciare quello che sentiamo fortemente il “nostro” Partito sperando che quello che rimane del gruppo dirigente capisca gli errori che sta commettendo». Motivo della scissione, la permanenza del Partito Comunista in Democrazia Sovrana e Popolare, la federazione che vede Marco Rizzo Coordinatore Nazionale e Francesco Toscano Presidente.
«Non possiamo non rimarcare il mancato rispetto del mandato congressuale, votato appena 11 mesi fa. DSP sarebbe dovuto essere un fronte politico/elettorale ampio, una coalizione/alleanza con un forte connotato antimperialista con le proprie radici nella sinistra di classe, capace di aprire alla società civile mantenendo le nostre posizioni sui temi principali. Non poteva e non doveva trasformarsi in un vero e proprio partito, con tanto di congresso fondativo con le presenze entusiaste di personaggi come Alemanno, Monsignor Viganò e imprenditori con oltre 300 dipendenti».
Pertanto, «A seguito dell’esito del Comitato Centrale svoltosi il 21 gennaio 2024, durante il quale il CC stesso si è spaccato nella votazione finale con il 40% contro il 55% e il 5% di astenuti, prendiamo atto che la maggioranza dell’Ufficio Politico del Partito Comunista ha preferito tirare dritto per la sua strada ignorando questa spaccatura verticale di una componente che, se leggermente minoritaria nel CC, è ampiamente maggioritaria nel corpo militante».
DSP è un partito col proprio tesseramento, la propria organizzazione e la propria linea che di fatto ha escluso totalmente il gruppo dirigente (non solo il Comitato Centrale ma perfino l’Ufficio Politico) del PC, che da mesi non solo non discute e non decide cosa debba fare DSP, ma non viene più nemmeno informato in anticipo delle manovre in atto, venendo a conoscere direttamente dalle pubblicazioni sui social network della composizione delle liste elettorali, del Programma, dello Statuto e delle tattiche seguite da DSP. […] L’esito dell’ultimo Comitato Centrale, con l’assunzione, poi revocata, di tre punti riguardanti principalmente la questione antifascista, rende evidente che il problema non è solo un verticismo esasperante riguardante DSP, ma anche la degenerazione del centralismo democratico in centralismo burocratico dello stesso PC. Non è così che può funzionare un Partito leninista».
Non si tratta comunque di una scissione inesorabile ed irrevocabile per il Partito Comunista: «Da comunisti seri non usciamo, come fatto in passato da altre fuoriuscite, litigando e attaccando personalmente i nostri compagni con cui in questi anni abbiamo lottato fianco a fianco e con cui domani potremmo tornare ad essere dalla stessa parte della barricata, ma usciamo con una rottura politica profonda che vuole comunque essere costruttiva, come sempre fatto dai compagni che hanno preso questa dolorosa decisione. Noi, che ci sentiamo il Partito Comunista, continueremo a lavorare seguendo la linea discussa, approvata e votata dalla maggioranza assoluta del Partito al congresso di marzo 2023, cioè: rafforzare, unire, allargare.
Questo sarà il nostro lavoro da domani. Lavoreremo senza restrizioni con chi la pensa come noi con una linea di massa quanta più ampia possibile e decideremo democraticamente come e cosa fare. Cercheremo di recuperare i tantissimi compagni che negli ultimi mesi ci hanno abbandonato, delusi dal rapido susseguirsi degli eventi. Non progettiamo per ora di costituire un nuovo Partito, ma un’organizzazione che lavorerà con la stessa linea e le stesse modalità fruttuose che abbiamo attuato negli anni passati, confermandole all’ultimo congresso. Siamo però consapevoli che la direttrice strategica futura dei comunisti non può non passare dalla costruzione di un’avanguardia rivoluzionaria comunista, quello che doveva essere il Partito Comunista e che speriamo tornerà ad essere. Saremo quindi disponibili a riavviare un dialogo e una collaborazione con quello che rimarrà dell’organizzazione attuale, quando il Segretario e il restante gruppo dirigente decideranno di tornare sui propri passi».