Da Il Martino cartaceo n. 32 del 2.5.2016
La dottoressa Epifani è specializzata nella psicologia dell’invecchiamento e si occupa da anni del coordinamento dei centri diurni Alzheimer e demenze. La coordinatrice di struttura della R S A è la signora Regina Galluzzi che si occupa di tutto. La struttura, gestita dalla società IDEAS in collaborazione con la cooperativa Nomeni con sede a Roma, riesce a coinvolgere anche i vari enti locali , le associazioni di volontariato e la cittadinanza ed è in convenzione con il Comune di San Benedetto del Tronto e ASUR , ambito sociale 21.
L’accoglienza è stata calorosa. Io sono stata molto colpita sia dagli ospiti, sia dal personale qualificato. Assistere alla clownterapia alla quale ho preso parte indirettamente è stata come vedere per la prima volta la ” faccia di un clown che si adopera contro l’indifferenza “.
Neruda scriveva in una sua poesia: ” toglimi tutto ma non il tuo sorriso”. Quando si ha a che fare con gli anziani dobbiamo tenere in mente questo verso e impegnarci a non far sparire il sorriso sul volto di ogni persona anziana e malata. Domenica, in quella sala , c’erano tantissimi clown capaci di far sorridere ed alleviare i dolori e le tensioni non solo di tutti gli ospiti ma anche quelli di tutti i familiari e di tutte le persone presenti. Dal punto di vista dell’operatore socio sanitario (o O.S.S), essere clown è tirar fuori, dal profondo del cuore, la gioia di donare ciò che si ha ed avere la capacità di strappare sorrisi per migliorare la qualità della vita. Il clown infatti è un operatore socio sanitario che, dopo una opportuna formazione, è capace di leggere il clima dell’ambiente e di lavorare assieme al malato – anziano e alla sua comunità per aiutarlo a gestire le emozioni negative trasformandole in sorriso, coraggio e speranza.Per me è stata un’esperienza positiva. Terapie come questa riescono a migliorare la qualità della vita delle persone anziane , soprattutto di quelle malate di Alzheimer. La biografia di questi malati viene distrutta dalla demenza e tocca all’operatore saperla ricostruire. Prendersi cura non significa solo accudire , sorvegliare, dare assistenza. La buona riuscita della cura dipende molto dal desiderio di conoscere e dalla condivisione dei momenti di vita . Ricomporre il ” puzzle” di una vita che il malato non può raccontare richiede coraggio, passione e preparazione. La cura non può prescindere solo da un rapporto tra assistente e assistito; io credo fermamente che il concetto di ” sorriso” sia la soluzione come risposta all’indifferenza ed è necessario imparare a ridere di se stessi , prima di tramettere il sorriso agli altri.
La struttura si avvale di uno spazio assistenziale denominato : ” Caffè Alzheimer ” ed è costituito da una rete multifunzionale in cui malati e parenti si ritrovano in uno spazio informale e rilassato per parlare dei problemi , ricevere un consulto e al tempo stesso sentirsi a casa. Lo spazio assistenziale è coordinato da personale qualificato e coadiuvato da volontari e dai familiari stessi. L’educatore offre le proprie competenze professionali cercando di individuare attività e laboratori che potenzino le loro capacità e risorse residue. In base allo scopo da raggiungere , gli interventi di tipo riabilitativo possono essere identificati nelle seguenti categorie:
– manuale operativo, svolto attraverso un lavoro pratico che richiede soprattutto l’uso delle mani;
– intellettuale , indirizzato al recupero delle capacità cognitive quali lettura, scrittura , memoria;
– psicologico relazionale che agisce sulla capacità di rapportarsi con gli altri.
La casa di riposo offre agli ospiti, attraverso terapie come questa, di attingere alla loro creatività. Essi reagiscono in maniera positiva alle opportunità che la struttura offre loro perché si sentono liberi di dar sfogo alla loro arte e alle loro attitudini.
Ho avuto la fortuna di parlare con un anziano , malato di Alzheimer che a dispetto della malattia ha continuato a dipingere . Ho scambiato con lui qualche parola che si alternava a silenzi: un connubio perfetto. Quanta passione ho raccolto nell’ascoltare le descrizioni di quest’uomo che, pur inchiodato su una sedia a rotelle e con una grave forma di demenza , è riuscito a stupirmi con il suo modo schietto e sincero di comunicare ” l’incomunicabile” , il ” vero”, quello che spesso neanche la poesia riesce a fare. Ho percepito la sua passione, la sua voglia di vivere, la sua gioia nel condividere. Mi ha descritto in ogni minimo particolare i dettagli di alcune sue opere e in particolar modo di un suo dipinto, la Madonna e di un altro che raffigura una barca a vela. Mi sono sentita subito a mio agio. Il suo linguaggio è puro, incontaminato. Ed io sono sempre più convinta che nè gli anni, nè le malattie possono annullare completamente la memoria dei questi malati. È quindi fondamentale adottare le attività ad interessi personali e ad attività del passato. Un’artista, anche nella sua malattia, continuerà ad amare l’arte e ad esprimerla in maniera del tutto nuova. Ed è anche importante ricordare che ciò che più conta è il processo e non tanto l’attività. Il segreto sta proprio nel ” fare” stesso.
Spesso si sente dire che gli anziani e i malati di Alzheimer sono come bambini. È vero. Infatti alcuni loro comportamenti richiamano il modo di fare dei bambini ma sta ai familiari e agli educatori continuare a trattarli come degli adulti proponendo loro attività adatte. È sbagliato trattarli da tali perché proporre loro attività infantili potrebbe produrre frustrazione , depressione, umiliazione e perfino rabbia. Questo è il motivo per cui in queste strutture e nei centri riabilitativi , gli educatori propongono attività che li facciano sentire ancora necessari. Queste persone hanno una loro storia personale ed io , nel condividerla , mi sono sentita arricchita e completata. Sono andata via a malincuore portandomi dietro un pezzetto di storia di tutti loro. Per me è stata un’esperienza positiva e indimenticabile.
Ringrazio la signora Regina Galluzzi , la dottoressa Lucia Epifani, tutti gli operatori , il personale , i clown che mi hanno permesso di passare un pomeriggio diverso e prezioso insieme agli anziani.
Ringrazio anche la mia amica Paola che si è improvvisata fotografa .