Ancora molto accesa la discussione relativa all’interruzione di gravidanza volontaria nelle Marche, dopo la decisione della Giunta Acquaroli di cancellare la convenzione con Aied all’ospedale di Ascoli Piceno. L’onorevole Latini: «Nessun allarme, diritto garantito». La consigliera regionale Acciarri: «sanità pubblica garantisce il servizio». Ma per la deputata Manzi è «una grave scelta politica, Marche laboratorio dell’ultra-destra».
ANCONA – Per l’onorevole Giorgia Latini «non esiste alcun allarme per quanto riguarda l’applicazione della legge per l’interruzione volontaria di gravidanza nelle Marche», il cui diritto «viene garantito in piena autonomia dal servizio sanitario». Dello stesso avviso la consigliera regionale Monica Acciarri, secondo la quale: «La sanità pubblica nel Piceno garantisce il servizio in modo gratuito e assistito da anestesisti sia ad Ascoli Piceno che a San Benedetto del Tronto».
Eppure sono diverse le critiche piovute sulla Giunta Acquaroli, dopo la decisione di cancellare la convenzione con Aied, associazione italiana di educazione demografica, in vigore dal 1981. Da febbraio dunque non sarà più possibile rivolgersi all’associazione per le interruzioni di gravidanza volontarie all’ospedale di Ascoli Piceno.
La consigliera regionale Monica Acciarri.
A far prendere questa decisione, secondo quanto dichiarato da alcuni esponenti della Giunta, motivazioni meramente economiche. In questo modo vengono azzerati i costi esterni. E’ ancora Monica Acciarri a snocciolare i numeri: «negli ultimi anni, fino a € 90.000 annui per l’attività di professionisti esterni». Spese che non sono più necessarie dal momento che «Da alcuni anni, all’ospedale Mazzoni di Ascoli Piceno hanno preso servizio alcuni ginecologi non obiettori, attualmente4». La convenzione con Aied infatti era stata resa necessaria dalla presenza di soli medici obiettori di coscienza.
Nei 42 anni in cui è rimasta in vigore, la convenzione con Aied ha reso possibili 283 aborti sui 1351 realizzati in Regione. Ad Ascoli non giungevano richieste di interruzione di gravidanza volontaria solo da donne della provincia, ma da tutta le Regione e perfino da quelle limitrofe. La Regione Marche è quella con il maggior tasso di obiettori di coscienza, il 70%, a fronte del 64,6% della media nazionale. In alcuni ospedali non sono in servizio medici non obiettori.
Eppure, secondo la consigliera Acciarri il problema non si pone né ad Ascoli, dove appunto hanno preso servizio quattro medici disposti a fornire tale tipo di prestazioni, né a San Benedetto del Tronto, dove: «L’ospedale Madonna del Soccorso è da sempre un punto di riferimento regionale per il servizio di Interruzione Volontaria della Gravidanza». Oltretutto questo comporterà per le donne, rende noto ancora la consigliera, «la possibilità di usufruire del servizio in maniera totalmente gratuita, e non affrontando alcuni costi come accadeva rivolgendosi ad Aied».
Una scelta motivata da esigenze di bilancio dalla Giunta Acquaroli, che però per la deputata dem marchigiana Irene Manzi è una «Scelta politica grave fatta attraverso un atto amministrativo, ma che ha le impronte della giunta targata FdI» e che vede «la mano di chi vuole fare in modo che la città non sia più un luogo sicuro per l’applicazione della legge 194». La deputata conclude affermando: «le Marche sono diventate il laboratorio dell’ultra-destra che cancella i diritti civili».
La deputata Giorgia Latini.
Di tutt’altro avviso la collega Latini, che in una nota stampa afferma: «Il diritto [all’interruzione di gravidanza volontaria nelle Marche, ndr] viene garantito in piena autonomia dal servizio sanitario: una prestazione in assoluta sicurezza, senza dolore e del tutto gratuita, nel pieno rispetto della Legge 194, senza dover ricorrere a convenzioni con enti collaterali. Le Marche garantiscono questo diritto con numeri superiori alla media delle altre regioni d’Italia. Nelle Marche l’offerta del cosiddetto servizio di interruzione volontaria di gravidanza è infatti di gran lunga maggiore rispetto a quella nazionale: gli interventi possono essere effettuati nel 92,9% delle strutture sanitarie mentre la media italiana è del 62%. Per quanto riguarda gli obiettori, il numero di aborti a carico dei medici non obiettori è 0,8 a settimana».
I pompieri hanno preso parte all’esercitazione internazionale “ModEx Arcevia 2023”, simulando tre scenari emergenziali, che prevedevano il recupero di un infortunato da punti difficilmente accessibili.
ANCONA – I Vigili del Fuoco ieri, mercoledì 7 giugno, hanno simulato tre scenari emergenziali di ricerca e recupero di feriti al “ModEx Arcevia 2023”, la grande esercitazione internazionale tesa a migliorare la cooperazione tra gli operatori del soccorso e di protezione civile apertasi lo scorso 6 giugno. Le attività si concluderanno il 9, mentre il 10 si terrà la cerimonia conclusiva e a consegna degli attestati.
Nel primo scenario, i Vigili del fuoco hanno simulato il recupero di un infortunato che, a causa di un incidente stradale, è stato sbalzato dal suo veicolo, finendo in un punto che richiedeva tecniche speleo alpinistiche fluviali (SAF). Nel secondo, un uomo era rimasto intrappolato sotto le macerie di un fabbricato, nel quale si è verificato un cedimento strutturale, ed è stato liberato mediante le tecniche di ricerca e soccorso in ambiente urbano (USAR). Nel terzo infine, i pompieri hanno assicurato un’auto finita fuori strada e rimasta in bilico in precarie condizioni di sanità, prima di estrarre l’occupante del veicolo.
Alle simulazioni hanno preso parte i team sanitari di Malta, Romania, Francia, Spagna e Andorra. 25 le unità e 9 gli automezzi del Comando dei Vigili del fuoco di Ancona intervenute.
“ModEx Arcevia 2023” è parte di un progetto finanziato dalla Commissione Europea teso a migliorare la cooperazione fra i vari protagonisti del soccorso, a livello internazionale. E’ la seconda volta che viene scelta Arcevia come sede della grande esercitazione, dopo l’edizione del 2015.
In un anno sono state più di otto mila tonnellate di alimenti irregolari sequestrati dai Carabinieri in Italia. Nelle ultime settimane in Abruzzo sono stati eseguiti diversi controlli in macellerie e ristoranti etnici, culminati con sanzioni e con una sospensione di attività. A Macerata pesanti sanzioni ad un deposito alimentare che custodiva bevande non conformi.
PESCARA – Nella Giornata mondiale della sicurezza alimentare, che ricorre ogni 7 giugno, il Comando dei Carabinieri per la Tutela della Salute illustra le attività svolte dai Nas in Abruzzo e nelle Marche, soffermandosi in particolare si controlli svolti all’interno di macellerie o ristoranti etnici.
Nelle ultime settimane in Abruzzo sono stati controllati 40 esercizi commerciali, tra alimentari, macellai e rivenditori di kebab. In 30 sono emerse irregolarità di varia natura. La situazione più critica in provincia di Teramo, dove è arrivata la sospensione di attività per un alimentari etnico. Mancavano i requisiti minimi igienico sanitari e nei locali è stata appurata la necessità di alcuni interventi di manutenzione straordinaria, sia a livello strutturale, che per dal punto di vista della sanificazione. Molte derrate alimentari poi, erano conservate sul pavimento o in celle frigorifere che non consentivano le adeguate operazioni di polizia. Nel maggio scorso invece, sempre nel teramano, a Martinsicuro è stato chiuso un rivenditore di kebab. Oltre a queste operazioni, sono stati sequestrati 15 chili di carne di suino e agnello privi di ogni forma di tracciabilità.
A L’Aquila i Carabinieri hanno trovato 100 chili di merce scaduta e non tracciata in vendita in una macelleria, in particolare vegetali in salamoia, legumi e spezie. Qui oltretutto era esposta anche altra merce, come calzature e pentolame. La Asl ha disposto la distruzione del cibo.- Stesso discorso in un’altra macelleria etnica dell’aquilano dove 13 chili di carne erano conservati in maniera non conforme ed erano privi delle corrette etichette. La Asl ha disposto la sospensione dell’attività e la distruzione degli alimenti.
A Pescara invece, sono stati sequestrati 20 chili di pane prodotto artigianalmente: era stato congelato senza l’impiego di un idoneo abbattitore. Più tranquilla la situazione nel chietino, dove comunque sono stati effettuati diversi controlli dei Nas in macellerie e ristoranti etnici.
A Macerata infine sono state elevate sanzioni per due mila euro al titolare di origine pakistana di un deposito di alimenti e bevande nel quale erano conservate 402 bottiglie da un litro e mezzo di una bevanda alla pera denominata strumka, le cui etichette erano prive delle indicazioni obbligatorie.
La piazza del comune di Fabriano (Foto Wikimedia CC).
La donna che secondo gli inquirenti ha ucciso a colpi d’abatjour il proprio compagno e convivente, sostiene di essersi difesa da un tentativo di abuso, ma la sua versione non convince fino in fondo chi indaga sull’omicidio di Fabriano.
ANCONA – Non un’aggressione al culmine di una lite con un’abatjour in mano, bensì la difesa da un tentativo di abuso, a mani nude. Questa la versione di Alessandra Galea, 50enne accusata dell’omicidio del convivente Fausto Baldoni di 63 anni avvenuto a Fabriano lo scorso sabato 3 giugno. La donna resta in carcere in custodia cautelare, sebbene non sia stato convalidato il fermo. Durante l’udienza di convalida sono stati ritenuti fondati i pericoli di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio. L’accusa rimane dunque quella di omicidio volontario, sebbene la donna fornisca un’altra versione: «Ho reagito a un approccio sessuale non gradito, ma non ho impugnato nessuna arma».
La donna sostiene di essersi difesa da un approccio non voluto. Stessa tesi già avanzata dal suo legale all’indomani dell’arresto. Eppure gli inquirenti non sembrano molto persuasi da questa ricostruzione. A pesare è soprattutto, il mancato soccorso all’uomo. Subito dopo la colluttazione, Galea ha lasciato l’appartamento. «Avevo già in programma di andare a trovare i miei due figli» ha raccontato agli inquirenti. Ma perché non chiamare aiuto? Perché non allertare i soccorsi? E come mai ha mantenuto un atteggiamento sospetto ed evasivo una volta ritornata sul posto?
La vittima è stata ritrovata in corridoio immersa in un lago di sangue. Al momento del ritrovamento indossava solo la biancheria intima e presentava due ferite sulla testa. Ieri, l’autopsia ha indicato come probabile causa della morte una grave lesione cerebrale.