MARTINSICURO – Sant’Antonio abate nasce a Qumans in Egitto nel 251 e muore nel deserto della Tebaide il 17 gennaio del 357 dopo Cristo. Fu un eremita egiziano, fondatore del monachesimo cristiano ed il primo degli abati. Figlio di agiati agricoltori cristiani, rimasto orfano prima dei vent’anni, decise di lasciare ai poveri tutti i suoi beni e di seguire la vita solitaria degli anacoreti nel deserto. Trascorreva le sue giornate in solitudine e in preghiera e veniva spesso tormentato dal demonio, che gli si presentava sotto l’aspetto di oro oppure di una donna nuda e bellissima oppure, altre volte, ingaggiava vere e proprie lotte furibonde con lui. Con il tempo, molte persone presero a seguirlo e a stargli vicino, e allora Antonio si dedicò a lenire i sofferenti operando guarigioni e liberazioni dal demonio. Sempre pregando e lavorando, il santo morì all’età di 105 anni nel deserto della Tebaide, dove fu seppellito dai suoi discepoli in un luogo segreto.
Nel periodo medievale, il culto di sant’Antonio fu reso popolare dall’Ordine dei frati ospedalieri antoniani, nato nel 1218 e diffusosi soprattutto in Germania. Perciò nell’iconografia classica il santo è ritratto come uno di questi frati: essa ce lo mostra ormai avanti negli anni, mentre incede scuotendo un campanello (come facevano appunto gli Antoniani), in compagnia di un maiale (animale dal quale essi ricavavano il grasso per preparare emollienti da spalmare sulle piaghe). Il bastone da pellegrino termina spesso con una croce a forma di tau che gli Antoniani portavano cucita sul loro abito (thauma in greco antico significa stupore, meraviglia di fronte al prodigio). Ai piedi del santo appare sempre un fuoco acceso a significare sia che salva le anime dalle fiamme dell’ Inferno sia che gli Antoniani erano soliti curare patologie dermatologiche come l’ Herpes Zoster, il cosiddetto fuoco di sant’Antonio, appunto.
Quindi il legame con la benedizione del maiale e, per estensione, di tutti gli animali e delle campagne nasce proprio in epoca medievale e si ricollega all’attività di questi frati.
Nella tradizione contadina di tutta Italia e ancor più in Abruzzo e nei nostri territori è fortissima la devozione al santo protettore degli animali. In un’ economia basata sulla pastorizia e sull’allevamento, oltrechè sull’agricoltura, far benedire la vacca, il maiale e tutto il bestiame, compresi gli animali da cortile e quelli domestici voleva dire garantirsi la sopravvivenza per tutto l’anno, o almeno sperarlo con l’aiuto di sant’Antonio. Un’ immagine del santo così come l’abbiamo descritta veniva appesa in ogni stalla e la sera del 16 gennaio, vigilia della festa, passavano di casa in casa dei suonatori questuanti dotati di organetto che cantavano le gesta della vita del santo. Ovviamente nella versione abruzzese le tentazioni del santo assumono un aspetto colorito e spassosissimo: la canzone de lu sant’Andonie dice che i parenti gli avevano offerto una buona moglie ma che lui si ritirò nel deserto per non avere scocciature, dice che andava a caccia di ciammariche (lumache) e che il demonio lo buttava in mezzo alle ortiche, che mentre mangiava li taiuline (i tagliolini, un tipo di pasta) il diavolo gli rubava la furcine (la forchetta) e così via…Inoltre, i contadini, sempre la notte precedente il 17 gennaio, accendevano un grandissimo falò, detto in dialetto la focara. Questo serviva ad omaggiare sant’Antonio in quanto capace di guarire dal fuoco ma faceva parte anche di una serie di festività che venivano celebrate in questo modo e che segnavano il ritorno graduale delle ore di luce: grandi falò, infatti, venivano accesi a partire dal 10 dicembre fino al 3 febbraio, giorno successivo alla Candelora.
Ai nostri giorni, permangono ancora in tutta Italia ed anche a Matinsicuro, giornate intere dedicate alla festa di sant’Antonio, in cui si benedicono gli animali (sempre più cani e gatti) nelle piazze o direttamente all’ interno delle Chiese.