MACERATA – In attesa dei risultati degli esami tossicologici, che aiuteranno a fare luce sulle cause del decesso, inizia a ricomporsi il mosaico sulle ultime ore di Pamela Mastropietro, la diciottenne ritrovata fatta a pezzi in due valigie, nelle campagne maceratesi. Per la sua morte è accusato di omicidio, vilipendio ed occultamento di cadavere, Innocent Oseghale, nigeriano di 29 anni.
La Fuga. Pamela era originaria di Roma, aveva 18 anni, aveva studiato per diventare estetista, ma pare che avesse intenzione di riprendere gli studi, magari all’estero. È scappata dalla comunità di recupero Pars di Corridonia il 29 gennaio. Era ospite del centro da ottobre, per superare un problema di dipendenza. Non era la prima volta che intraprendeva un percorso simile, già in estate aveva fatto un tentativo analogo, che però non diede i frutti sperati.
In base a quanto riferito da uno degli assistenti del centro, Pamela ha trascorso la giornata in compagnia del gruppo, prendendo parte alla routine quotidiana. Intorno alle 14.30 però se n’è andata. Ha portato con sé solo alcuni effetti personali, custoditi in un trolley. Il regolamento della comunità prevede infatti che al momento dell’ingresso nella struttura, gli ospiti consegnino cellulare, documenti e denaro. Tuttavia qualche soldo con sé Pamela doveva evidentemente averlo.
La comunità non è recintata né chiusa a chiave. I suoi responsabili, anche per difendersi da alcune accuse di scarsa sorveglianza, hanno diffuso un comunicato nel quale spiegano che la Pars non ha carattere detentivo. I suoi ospiti sono liberi di andarsene. La giovane si è semplicemente allontanata di sua iniziativa. Una delle operatrici avrebbe tentato a lungo di dissuaderla, seguendola per un breve tratto della strada, per convincerla a tornare indietro oppure, al limite, farsi accompagnare alla stazione. Pamela però non si è lasciata convincere ed ha proseguito. I responsabili del centro allora, avrebbero immediatamente avvisato la famiglia.
La comunità è isolata. Si trova in aperta campagna e 3 chilometri di strade in dislivello, la separano dalla strada provinciale. A quanto pare Pamela deve aver percorso questo tragitto a perdifiato, trasportando il bagaglio, ed ha trovato un passaggio che la conducesse a Macerata in appena un quarto d’ora, se è vero quanto riferito dagli operatori della Pars. Pare infatti che sia questo l’intervallo di tempo trascorso prima che siano iniziate le ricerche, sia in auto che a piedi. Come si affettivamente arrivata in città e dove abbia trascorso la notte non è ancora noto.
Gli avvistamenti. Il giorno dopo, martedì 30, Pamela è stata notata da diverse persone a Macerata. In primis da un tassista peruviano, che potrebbe essere stato l’ultimo a vederla viva. Ai taccuini del “Messaggero” ha raccontato di aver caricato la ragazza nei pressi della stazione e di averla accompagnata ai giardini. Lei lo ha pagato con 7 euro, era sorridente, sembrava lucida e nessuno la stava aspettando. L’ha rivista anche successivamente, in via Spalato, in compagnia del principale sospettato. È entrata da sola in una farmacia e all’uscita si è allontanata con lui. Sebbene camminassero leggermente distanziati, sono entrati nello stesso palazzo, quello in cui appunto abita il nigeriano accusato. Il giorno dopo, quando ha letto del macabro ritrovamento, si è presentato in caserma per testimoniare spontaneamente.
Il farmacista conferma di aver visto la ragazza, intorno alle 11. È entrata per comprare una siringa da 5 ml, pagata 20 centesimi. In base alla sua esperienza, questo “calibro” serve per assumere crack, cocktail di droghe o altri stupefacenti. Non l’eroina, per la quale sarebbe bastata una siringa da 1 ml.
Anche una ragazza afferma di aver visto Pamela, sempre in via Spalato, martedì mattina. Camminava con il suo trolley, in compagnia di un ragazzo di colore.
La morte. Gli inquirenti presumono che la giovane sia morta tra 13 e le 16 di martedì 30 gennaio, nell’appartamento del sospettato. Ancora non si sa cosa abbia provocato il suo decesso. L’autopsia non lo ha potuto stabilire e si attendono i risultati degli esami tossicologici. Forse Pamela è stata stroncata da un’overdose. Non sono emersi segni di stupro. Dopo essere stata fatta a pezzi, i suoi resti sono stati lavati e chiusi in due trolley. Uno di questi era quello della vittima. In queste ore sono trapelati alcuni dettaglia macabri, che qualora fossero confermati, aprirebbero la pista per scenari se possibile ancora più inquietanti. Pare infatti che nelle valigie, non fossero presenti nè le viscere nè il cuore della giovane. Secondo alcune ipotesi questi potrebbero essere stati utilizzati per un rito voodoo.
L’accusato. Il principale sospettato si chiama Innocent Oseghale, ha 29 anni ed è nigeriano. Si trova in Italia dal 2014 ed aveva ottenuto il permesso di soggiorno. L’anno scorso la Polizia lo ha beccato a spacciare marijuana ad un minorenne. Condannato e rimesso in libertà, era in attesa del processo d’appello. Il suo permesso di soggiorno è scaduto in primavera, ma lui è rimasto in zona vivendo di lavoretti saltuari e ancora spacciando. Contro di lui è già stato montato un impianto probatorio consistente. Oltre alle segnalazioni già menzionate, è stato immortalato dalla telecamera della farmacia di via Spalato, nei pressi della sua abitazione, mentre attendeva la ragazza.
Nella sua abitazione sono state ritrovate diverse tracce ematiche. Il pavimento è stato pulito con 10 litri di candeggina, secondo quanto ricostruito dai carabinieri, ma non tutto il sangue è stato lavato. In un armadio, chiusi in una busta, i militi hanno ritrovato gli indumenti della vittima, anche questi con evidenti tracce di sangue. Sempre nell’appartamento, sono spuntati fuori la siringa acquistata dalla ragazza e lo scontrino che lo certifica. I carabinieri poi hanno sequestrati alcuni grossi coltelli ed una mannia. anche su questi oggetti erano presenti tracce ematiche, ma non è ancora stato accertato che siano quelli impiegati per dilaniare il corpo della giovane. Infine sono stati rinvenuti circa 70 grammi di hashish, ma nessun altro tipo di stupefacente.
Esiste poi un testimone oculare che afferma di aver visto Oseghale mentre si liberava de corpo. Si tratta di un camerunense che si guadagna da vivere dando passaggi. Ha raccontato, prima alla polizia e poi ai carabinieri, di essere stato chiamato dal sospettato, la notte del 31 febbraio, intorno alle 22:30. Con sé aveva due bagagli. Si è fatto accompagnare tra Pollenza e Casette Verdini. Qui è sceso dal mezzo ed ha abbandonato le due valigie. Dopodiché è risalito sul mezzo e si è fatto riaccompagnare a casa. Il giorno dopo il camerunense si è presentato in Questura per raccontare i fatti.
Innocent Oseghale è stato a lungo interrogato. Non ha confessato l’omicidio, sebbene abbia ammesso di essere stato in compagnia della vittima. Ha fatto il nome di altre due persone che potrebbero in qualche modo essere interrogate. I carabinieri hanno sentito approfonditamente anche loro. E non escludono che qualcun altro possa essere coinvolto. È accusato di omicidio, vilipendio ed occultamento di cadavere. La convalida d’arresto è slittata a domani, 3 febbraio.
La macabra scoperta. Nella mattinata di mercoledì 31 gennaio, un automobilista ha notato due valigie abbandonate nel fosso che corre a fianco di via dell’Industria, tra le due località, poco distanti dal cancello di una villetta. Insospettito ha avvisato i carabinieri. Certo non si aspettava un epilogo tanto drammatico. Pensava piuttosto che durante la notte qualcuno si fosse liberato di droga o di refurtiva. Invece quei due trolley contenevano i resti straziati di Pamela Mastopietro. In un primo momento tale ipotesi era stata scarta. I resti sembravano appartenere ad una persona più in là negli anni. I primi esami però hanno fugato i dubbi. Ieri la madre ha proceduto al riconoscimento. La donna è comprensibilmente distrutta. Ha affidato a facebook il suo sfogo, con un post pregno di dolore per la perdita subita e di rancore nei confronti di chi l’ha provocata.