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Editoriale

Intervista alla GMI di Alba (Giovani Musulmani d’Italia): “L'Islam vuol dire pace e nel Corano è scritto il rispetto per le altre religioni”

In questo viaggio, intrapreso con la GMI di Alba, all’interno della cultura islamica, le lenti ottiche che la cultura occidentale ci aveva fornito e con cui siamo abituati ad osservarla, si frantumeranno al suono di parole come ‘pace’ e ‘libertà’. Capiremo che tutto l’odio che viene propinato dal fondamentalismo islamico è solo propaganda e che l’operazione compiuta da media occidentali, non fa altro che coltivare semi di terrore e alimentare luoghi comuni, che nulla hanno a che fare con questa religione

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Questa volta, cari lettori de Il Martino, vogliamo invitarvi ad intraprendere con noi un viaggio. Un viaggio all’interno di una religione e cultura, attualmente poco capita perché contaminata da sterili luoghi comuni e che invece, andrebbe vista ed affrontata più da vicino per scoprirne, attraverso le parole e il cuore di chi la vive ogni giorno, il vero significato e senso.

Per farlo è necessario spostarci in Piemonte e precisamente ad Alba, un Comune della provincia di Cuneo che conta più di 70.000 abitanti. Ebbene, in questa Città, veniamo a sapere tramite Facebook, esiste una Comunità islamica.

La conoscenza è avvenuta per un casuale errore geografico. Girando per il social network, ci imbattiamo in alcune foto che immortalano i volti solari e sorridenti di giovanissimi ragazze e ragazzi di fede musulmana, impegnati a far conoscere la loro religione tramite laboratori ed attività aperte a tutti: cristiani, ebrei, buddisti, atei. Cartelloni dove si chiedeva: “Vuoi sapere come si scrive il tuo nome in arabo?” oppure “Ti piacerebbe fare il nostro tipico tatuaggio con l’henne?”. Su uno di questi, vicino alla sigla GMI (Giovani Musulmani d’Italia) spunta il nome della Città: Alba. Immediatamente il pensiero va ad Alba Adriatica. Pensiamo: “Quale occasione migliore per far conoscere questa realtà alla nostra Martinsicuro?”. Contattiamo il gruppo tramite Facebook ma veniamo smentiti subito dopo qualche minuto. Purtroppo, non si tratta della nostra città limitrofa ma di un Comune del Piemonte. Tuttavia, se vogliamo, sarebbero ben lieti di rilasciarci un’intervista. E dunque, non potevamo lasciarci sfuggire questa occasione che ci consentirà di conoscere il volto vero dell’Islam nella sua vera essenza attraverso la voce delle nuove generazioni.

Per quanto riguarda la comunità islamica di Alba, “essa è una realtà che esiste da almeno 30 anni – ci dicono – ed è nata con l’arrivo di immigrati musulmani. Essi necessitavano di un luogo di culto, che inizialmente erano umidi scantinati o garage”. E continua: “Durante il corso degli anni, con il costante arrivo di nuovi musulmani, si é poi deciso di costruire quella che ora è la nostra attuale Moschea”. Ma questi giovani ragazzi, pieni di buoni propositi, all’interno della comunità musulmana di Alba hanno formato un gruppo, che fa riferimento alla GMI e cioè alla comunità dei ‘Giovani musulmani d’Italia’. Ci spiegano che: “la GMI ad Alba é nata da un gruppo di ragazzi che avevano bisogno di un luogo d’incontro giovanile da prendere come punto di riferimento. Attualmente siamo una ventina tra ragazzi e ragazze, dai 12 ai 33 anni che hanno deciso di fare dell’Islam uno stile di vita, in quanto ci insegna come vivere e comportarci nella pace, oltre che a liberarci da tutto ciò che inquina la mente, lo spirito e il corpo”. Ecco che le lenti ottiche che la cultura occidentale ci aveva fornito e con cui siamo abituati ad osservare la religione islamica, si frantumano al suono di parole come ‘pace’ e ‘libertà’. Tutto l’odio che viene propinato dal fondamentalismo islamico è solo propaganda politica e l’operazione compiuta dai media occidentali, non fa altro che coltivare semi di terrore e nutrire luoghi comuni, che nulla hanno a che fare con questa religione. Tutto il ghiaccio attorno ad essa si scioglie come neve al sole quando la GMI rincara la dose affermando che: “L’Islam vuol dire pace e nel Corano è scritto il rispetto delle altre religioni”. Se si sta a queste parole del Testo Sacro “si può subito capire che tutti coloro che vogliono diffondere l’Islam (o così vogliono far credere) con la guerra ed uccidendo persone innocenti, non hanno nulla a che fare con la nostra religione”. Inoltre ci ricordano un altro dato importante e su cui, in vari editoriali ed articoli, anche Noi abbiamo sempre cercato di porre l’accento: un fondamentalismo Islamico dovrebbe mietere le sue vittime tra chi non è di religione musulmana, invece, fino ad ora, la stragrande maggioranza dei morti sono stati tra gli appartenenti della loro stessa religione. Di qui capiamo benissimo come  “queste persone usino la religione islamica come scudo e come arma per altri fini”. Proprio per questo, all’interno della loro comunità (GMI) non si predica odio ma “si cerca di imparare i principi quella religione islamica, scevra da qualsiasi estremismo, per poter essere utili alla società attraverso piccoli ma significativi eventi di conoscenza e di inserimento dei giovani nel mondo del volontariato”.

Altro argomento molto controverso e usato da quelle nostre finte femministe che in campagna elettorale se ne vanno in giro a togliere il velo dai capi delle donne musulmane, quasi fosse segno di libertà e senza avere alcun minimo rispetto della loro cultura e sensibilità, è quello relativo alla figura della donna all’interno della cultura islamica. Anche qui, crolla un ennesimo castello di sabbia. Infatti, ed è proprio una giovane ragazza a parlare, “l’islam vede la donna, sia essa nubile sia essa sposata, come un individuo con un proprio cervello, con dei diritti, con dei doveri e con la facoltà di disporre di beni e denaro proprio. Ella conserva il suo cognome dopo il matrimonio. Il Profeta (pace e benedizione su di lui) disse: ‘il più perfetto nella fede tra tutti i credenti é colui il quale tratta la propria moglie con i modi più gentili”.

Tuttavia, nonostante, il clima di terrore che qualche partito cerca di diffondere per qualche voto in più, questi ragazzi non hanno mai subito episodio di razzismo. “Sicuramente – ci dicono – non mancano gli sguardi strani alla vista di un velo o per come sei vestito, ad esempio per andare in moschea. Tuttavia, crediamo sia una cosa ‘normale’ visto tutto il clima di terrore che viene costruito attorno alla nostra religione”.

Un’altra spina nel fianco per il mondo musulmano è sicuramente rappresentato dal rapporto con Islarele. “Il conflitto tra israeliani e palestinesi  – ci spiega la GMI – é un conflitto che dura da più di 100 anni ed é un argomento molto delicato a cui non viene data l’importanza dovuta. Ci sono stati vari tentativi dell’ Onu di ridisegnare e ripartire il territorio tra i due popoli ma, come si può ben vedere, non sono andati a buon fine. Non é facile trovare una soluzione che accontenti entrambe le parti ma sicuramente un modo sarebbe quello di smetterla con una guerra sanguinaria che non ha portato a nulla, per poter parlare civilmente e giungere ad una soluzione condivisa da entrane le parti”.

Tra pochi giorni, precisamente il 17 Luglio, si concluderà il mese del Ramadan iniziato il 18 Giugno. Esso corrispose al nono mese del calendario musulmano e la cadenza di questo periodo varia di anno in anno. Esso lo si fa corrispondere al periodo in cui fu rivelato il Corano come guida per gli uomini e chiara prova di retta direzione e salvezza. Infatti i ragazzi della GMI di Alba ci confermano che: “Il mese di Ramadan é il mese più sacro dell’anno arabo perché è il mese in cui è ‘sceso’ – questo è il verbo che usano –  il Corano. É il mese del perdono, in cui i peccati più lievi vengono assolti. Un periodo per ricordarsi della realtà in cui viviamo e dove ci sono persone povere che digiunano tutto il giorno e non per scelta, ma perché non hanno soldi per comprare cibo e acqua. Proprio per questo, alla fine del mese, c’è una tassa obbligatoria, per chi può, da destinare ai meno fortunati. Infine, è in questo mese che ci si riavvicina alla famiglia, con la quale si passa più tempo e con i quali si condividono i momenti dei pasti mangiando il iftar, un tipico piatto con cui si stoppa il digiuno e che si consuma al tramonto”.

In questo viaggio compiuto con la GMI di Alba abbiamo conosciuto l’altro e vero Islam. Quello lontano dai luoghi comuni e dai predicatori d’odio che inquinano la religione musulmana facendone uno strumento di potere e terrore. Quell’Islam che smentisce chiunque afferma che le moschee siano luoghi di predicazione d’odio. La GMI di Alba ci ha mostrato che in queste moschee si predica l’amore, la pace e la fraternità. Un’Islam, molto più vicino al Cristianesimo di quanto potessimo pensare.

 

 

 

Editoriale

Il testo del discorso del Presidente Mattarella

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Il testo del discorso del Presidente Mattarella.

Care concittadine, cari concittadini,

ho sempre vissuto questo tradizionale appuntamento di fine anno con molto coinvolgimento e anche con un po’ di emozione.

Oggi questi sentimenti sono accresciuti dal fatto che, tra pochi giorni, come dispone la Costituzione, si concluderà il mio ruolo di Presidente.

L’augurio che sento di rivolgervi si fa, quindi, più intenso perché, alla necessità di guardare insieme con fiducia e speranza al nuovo anno, si aggiunge il bisogno di esprimere il mio grazie a ciascuno di voi per aver mostrato, a più riprese, il volto autentico dell’Italia: quello laborioso, creativo, solidale.

Sono stati sette anni impegnativi, complessi, densi di emozioni: mi tornano in mente i momenti più felici ma anche i giorni drammatici, quelli in cui sembravano prevalere le difficoltà e le sofferenze.

Ho percepito accanto a me l’aspirazione diffusa degli italiani a essere una vera comunità, con un senso di solidarietà che precede, e affianca, le molteplici differenze di idee e di interessi.

In questi giorni ho ripercorso nel pensiero quello che insieme abbiamo vissuto in questi ultimi due anni: il tempo della pandemia che ha sconvolto il mondo e le nostre vite.

Ci stringiamo ancora una volta attorno alle famiglie delle tante vittime: il loro lutto è stato, ed è, il lutto di tutta Italia.

Dobbiamo ricordare, come patrimonio inestimabile di umanità, l’abnegazione dei medici, dei sanitari, dei volontari. Di chi si è impegnato per contrastare il virus. Di chi ha continuato a svolgere i suoi compiti nonostante il pericolo. I meriti di chi, fidandosi della scienza e delle istituzioni, ha adottato le precauzioni raccomandate e ha scelto di vaccinarsi: la quasi totalità degli italiani, che voglio, ancora una volta, ringraziare per la maturità e per il senso di responsabilità dimostrati.

In queste ore in cui i contagi tornano a preoccupare e i livelli di guardia si alzano a causa delle varianti del virus – imprevedibili nelle mutevoli configurazioni – si avverte talvolta un senso di frustrazione.

Non dobbiamo scoraggiarci. Si è fatto molto.

I vaccini sono stati, e sono, uno strumento prezioso, non perché garantiscano l’invulnerabilità ma perché rappresentano la difesa che consente di ridurre in misura decisiva danni e rischi, per sé e per gli altri.

Ricordo la sensazione di impotenza e di disperazione che respiravamo nei primi mesi della pandemia di fronte alle scene drammatiche delle vittime del virus. Alle bare trasportate dai mezzi militari. Al lungo, necessario confinamento di tutti in casa. Alle scuole, agli uffici, ai negozi chiusi. Agli ospedali al collasso.

Cosa avremmo dato, in quei giorni, per avere il vaccino?

La ricerca e la scienza ci hanno consegnato, molto prima di quanto si potesse sperare, questa opportunità. Sprecarla è anche un’offesa a chi non l’ha avuta e a chi non riesce oggi ad averla.

I vaccini hanno salvato tante migliaia di vite, hanno ridotto di molto – ripeto – la pericolosità della malattia.

Basta pensare a come l’anno passato abbiamo trascorso le festività natalizie e come invece è stato possibile farlo in questi giorni, sia pure con prudenza e limitazioni.

La pandemia ha inferto ferite profonde: sociali, economiche, morali. Ha provocato disagi per i giovani, solitudine per gli anziani, sofferenze per le persone con disabilità. La crisi su scala globale ha causato povertà, esclusioni e perdite di lavoro. Sovente chi già era svantaggiato è stato costretto a patire ulteriori duri contraccolpi.

Eppure ci siamo rialzati. Grazie al comportamento responsabile degli italiani – anche se tra perduranti difficoltà che richiedono di mantenere adeguati livelli di sicurezza – ci siamo avviati sulla strada della ripartenza; con politiche di sostegno a chi era stato colpito dalla frenata dell’economia e della società e grazie al quadro di fiducia suscitato dai nuovi strumenti europei.

Una risposta solidale, all’altezza della gravità della situazione, che l’Europa è stata capace di dare e a cui l’Italia ha fornito un contributo decisivo.

Abbiamo anche trovato dentro di noi le risorse per reagire, per ricostruire. Questo cammino è iniziato. Sarà ancora lungo e non privo di difficoltà. Ma le condizioni economiche del Paese hanno visto un recupero oltre le aspettative e le speranze di un anno addietro. Un recupero che è stato accompagnato da una ripresa della vita sociale.

Nel corso di questi anni la nostra Italia ha vissuto e subito altre gravi sofferenze. La minaccia del terrorismo internazionale di matrice islamista, che ha dolorosamente mietuto molte vittime tra i nostri connazionali all’estero. I gravi disastri per responsabilità umane, i terremoti, le alluvioni. I caduti, militari e civili, per il dovere. I tanti morti sul lavoro. Le donne vittime di violenza.

Anche nei momenti più bui, non mi sono mai sentito solo e ho cercato di trasmettere un sentimento di fiducia e di gratitudine a chi era in prima linea. Ai sindaci e alle loro comunità. Ai presidenti di Regione, a quanti hanno incessantemente lavorato nei territori, accanto alle persone.

Il volto reale di una Repubblica unita e solidale.

È il patriottismo concretamente espresso nella vita della Repubblica.

La Costituzione affida al Capo dello Stato il compito di rappresentare l’unità nazionale.

Questo compito – che ho cercato di assolvere con impegno – è stato facilitato dalla coscienza del legame, essenziale in democrazia, che esiste tra istituzioni e società; e che la nostra Costituzione disegna in modo così puntuale.

Questo legame va continuamente rinsaldato dall’azione responsabile, dalla lealtà di chi si trova a svolgere pro-tempore un incarico pubblico, a tutti i livelli. Ma non potrebbe resistere senza il sostegno proveniente dai cittadini.

Spesso le cronache si incentrano sui punti di tensione e sulle fratture. Che esistono e non vanno nascoste. Ma soprattutto nei momenti di grave difficoltà nazionale emerge l’attitudine del nostro popolo a preservare la coesione del Paese, a sentirsi partecipe del medesimo destino.

Unità istituzionale e unità morale sono le due espressioni di quel che ci tiene insieme. Di ciò su cui si fonda la Repubblica.

Credo che ciascun Presidente della Repubblica, all’atto della sua elezione, avverta due esigenze di fondo: spogliarsi di ogni precedente appartenenza e farsi carico esclusivamente dell’interesse generale, del bene comune come bene di tutti e di ciascuno. E poi salvaguardare ruolo, poteri e prerogative dell’istituzione che riceve dal suo predecessore e che – esercitandoli pienamente fino all’ultimo giorno del suo mandato – deve trasmettere integri al suo successore.

Non tocca a me dire se e quanto sia riuscito ad adempiere a questo dovere. Quel che desidero dirvi è che mi sono adoperato, in ogni circostanza, per svolgere il mio compito nel rispetto rigoroso del dettato costituzionale.

È la Costituzione il fondamento, saldo e vigoroso, della unità nazionale. Lo sono i suoi principi e i suoi valori che vanno vissuti dagli attori politici e sociali e da tutti i cittadini.

E a questo riguardo, anche in questa occasione, sento di dover esprimere riconoscenza per la leale collaborazione con le altre istituzioni della Repubblica.

Innanzitutto con il Parlamento, che esprime la sovranità popolare.

Nello stesso modo rivolgo un pensiero riconoscente ai Presidenti del Consiglio e ai Governi che si sono succeduti in questi anni.

La governabilità che le istituzioni hanno contribuito a realizzare ha permesso al Paese, soprattutto in alcuni passaggi particolarmente difficili e impegnativi, di evitare pericolosi salti nel buio.

Ci troviamo dentro processi di cambiamento che si fanno sempre più accelerati.

Occorre naturalmente il coraggio di guardare la realtà senza filtri di comodo. Alle antiche diseguaglianze la stagione della pandemia ne ha aggiunte di nuove. Le dinamiche spontanee dei mercati talvolta producono squilibri o addirittura ingiustizie che vanno corrette anche al fine di un maggiore e migliore sviluppo economico. Una ancora troppo diffusa precarietà sta scoraggiando i giovani nel costruire famiglia e futuro. La forte diminuzione delle nascite rappresenta oggi uno degli aspetti più preoccupanti della nostra società.

Le transizioni ecologica e digitale sono necessità ineludibili, e possono diventare anche un’occasione per migliorare il nostro modello sociale.

L’Italia dispone delle risorse necessarie per affrontare le sfide dei tempi nuovi.

Pensando al futuro della nostra società, mi torna alla mente lo sguardo di tanti giovani che ho incontrato in questi anni. Giovani che si impegnano nel volontariato, giovani che si distinguono negli studi, giovani che amano il proprio lavoro, giovani che – come è necessario – si impegnano nella vita delle istituzioni, giovani che vogliono apprendere e conoscere, giovani che emergono nello sport, giovani che hanno patito a causa di condizioni difficili e che risalgono la china imboccando una strada nuova.

I giovani sono portatori della loro originalità, della loro libertà. Sono diversi da chi li ha preceduti. E chiedono che il testimone non venga negato alle loro mani.

Alle nuove generazioni sento di dover dire: non fermatevi, non scoraggiatevi, prendetevi il vostro futuro perché soltanto così lo donerete alla società.

Vorrei ricordare la commovente lettera del professor Pietro Carmina, vittima del recente, drammatico crollo di Ravanusa. Professore di filosofia e storia, andando in pensione due anni fa, aveva scritto ai suoi studenti: “Usate le parole che vi ho insegnato per difendervi e per difendere chi quelle parole non le ha. Non siate spettatori ma protagonisti della storia che vivete oggi. Infilatevi dentro, sporcatevi le mani, mordetela la vita, non adattatevi, impegnatevi, non rinunciate mai a perseguire le vostre mete, anche le più ambiziose, caricatevi sulle spalle chi non ce la fa. Voi non siete il futuro, siete il presente. Vi prego: non siate mai indifferenti, non abbiate paura di rischiare per non sbagliare…”.

Faccio mie – con rispetto – queste parole di esortazione così efficaci, che manifestano anche la dedizione dei nostri docenti al loro compito educativo.

Desidero rivolgere un augurio affettuoso e un ringraziamento sincero a Papa Francesco per la forza del suo magistero, e per l’amore che esprime all’Italia e all’Europa, sottolineando come questo Continente possa svolgere un’importante funzione di pace, di equilibrio, di difesa dei diritti umani nel mondo che cambia.

Care concittadine e cari concittadini, siamo pronti ad accogliere il nuovo anno, ed è un momento di speranza. Guardiamo avanti, sapendo che il destino dell’Italia dipende anche da ciascuno di noi.

Tante volte abbiamo parlato di una nuova stagione dei doveri. Tante volte, soprattutto negli ultimi tempi, abbiamo sottolineato che dalle difficoltà si esce soltanto se ognuno accetta di fare fino in fondo la parte propria.

Se guardo al cammino che abbiamo fatto insieme in questi sette anni nutro fiducia.

L’Italia crescerà. E lo farà quanto più avrà coscienza del comune destino del nostro popolo, e dei popoli europei.

Buon anno a tutti voi!

E alla nostra Italia!

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Abruzzo

Ferrovie: Marsilio, L’Aquila-Roma in un’ora, emendamento per studiare progetto

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L’AQUILA – Uno stanziamento di 40 milioni di euro finalizzato alla realizzazione di uno studio di fattibilità e alla progettazione della velocizzazione del tracciato ferroviario tra Roma e la città di Ascoli Piceno e il collegamento tra Rieti e L’Aquila, al fine di garantire un nuovo percorso tra la Capitale e le aree interne colpite dai sismi del 2009 e del 2016.  È il contenuto di un emendamento alla legge di bilancio predisposto dal presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, d’intesa con il collega della Regione Marche, Francesco Acquaroli, raccogliendo le sollecitazioni dei sindaci dell’Aquila, Pierluigi Biondi, di Rieti, Antonio Cicchetti, e di Ascoli, Marco Fioravanti. Interventi da realizzare sul tracciato già esistente, rivisitando il progetto già finanziato dal Cipe nel 2006 in modo da inserire il capoluogo d’Abruzzo lungo la direttrice che da Roma conduce sino ad Ascoli Piceno. “Un provvedimento che se approvato rappresenterebbe il primo passo verso il superamento di un importante gap infrastrutturale esistente tra aree interne ed aree costiere, facilitando la connessione tra il versante adriatico e quello tirrenico, abbattendo i tempi di percorrenza in partenza e in arrivo verso la Capitale”, spiega Marsilio.  “Un elemento qualificante per i territori del centro Italia colpiti dai terremoti e che scontano già un grave ritardo infrastrutturale, dove al processo di ricostruzione in atto va necessariamente affiancato un programma di sviluppo e rilancio che non può prescindere da una rete di comunicazioni moderna, in grado di coniugare trasporti e sostenibilità ambientale e sulla quale stiamo lavorando con determinazione” aggiunge il presidente Acquaroli. “Le sfide decisive che si prospettano all’orizzonte, a partire da quell’utilizzo delle risorse del Pnrr e del fondo complementare, impongono scelte in grado di incidere, positivamente, sulle prospettive dei territori appenninici che, unitariamente, chiedono al Parlamento di adottare misure volte ad agevolare la vivibilità delle comunità ed aumentare l’attrattività per famiglie e imprese”, sottolineano i tre primi cittadini.  “La proposta è frutto di una importante rete tra i territori e concertazione tra amministratori. Per tale ragione è auspicabile un’ampia condivisione da parte di tutte le forze politiche nei confronti di una proposta normativa valida che delinea una visione strategica per il futuro dei cittadini e, soprattutto, dei loro figli”, concludono i due presidenti e i sindaci.

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Editoriale

Covid-19, nelle Marche i comuni di Acqualagna e Petriano in zona arancione rafforzata

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ANCONA – Nuova ordinanza firmata oggi dal presidente Francesco Acquaroli: da mercoledì 12 maggio saranno limitati gli spostamenti ai soli casi di salute, studio, lavoro e comprovata necessità all’interno del territorio comunale di Acqualagna e Petriano. Dall’analisi epidemiologica effettuata sul territorio regionale e a seguito delle Conferenze dei Sindaci delle Aree Vaste, è emerso che, mentre il tasso regionale dei positivi su 100 mila abitanti pari a 107,85 non preoccupa in quanto inferiore al limite previsto di 250, ci sono due Comuni, Acqualagna e Petriano, dove il tasso dei positivi richiede una ulteriore attenzione e un’azione di intervento per tenere sotto controllo la situazione pandemica.

Allo scopo quindi di contrastare e contenere il diffondersi del virus SARS-CoV-2, a decorrere dalle ore 00:00 del 12 maggio 2021 e fino alle ore 24:00 del 18 maggio 2021, ferme restando le misure statali di contenimento del rischio di diffusione del virus già vigenti sull’intero territorio regionale, nei due Comuni valgono le regole della “zona arancione” e inoltre è vietato ogni spostamento all’interno degli stessi, salvo se motivato da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. Sono comunque consentiti gli spostamenti strettamente necessari ad assicurare lo svolgimento della didattica in presenza nei limiti in cui la stessa è consentita. Il transito sui territori dei due Comuni è consentito qualora necessario a raggiungere ulteriori territori non soggetti a restrizioni negli spostamenti o nei casi in cui gli spostamenti sono consentiti dalla normativa vigente. In ogni caso occorre far uso dell’autocertificazione riguardo alle cause giustificative dello spostamento.

La Regione si vuole far trovare pronta al previsto momento delle riaperture e per questo chiede a tutti i cittadini di essere attenti, perché il virus è ancora in circolazione e ci sono ancora molte persone ricoverate nelle strutture ospedaliere. Tale provvedimento viene adottato seguendo il principio di precauzione e gradualità per favorire il controllo della curva epidemiologica anche sui singoli territori comunali, laddove i dati epidemiologici a carattere locale e comunale fotografano una situazione a cui prestare una attenzione ancora maggiore. Ad Acqualagna e Petriano si applicano quindi le misure di cui agli articoli 36 e 37 (misure zona arancione integrale) e 40 (limitazione spostamenti zona rossa) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 marzo 2021. Occorre sempre far uso dell’autocertificazione riguardo alle cause giustificative dello spostamento.

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