Impossibile dimenticare cosa “il Pibe de Oro” abbia rappresentato per Napoli, il Napoli e tutti i suoi tifosi a cavallo tra la fine degli anni Ottanta ed i primi anni Novanta.
Impossibile soprattutto per chi, in campo, ha condiviso attimi di vita e di sport con il più grande “numero dieci” del secolo.
“Sono entrato nel Settore Giovanile partenopeo, precisamente nei Giovanissimi – ricorda l’allenatore del Matelica Gianluca Colavitto, classe 1971, un passato da grande difensore con le casacche di Torres, Juve Stabia, Sora, Avellino e Lanciano – dopo aver mosso i primi passi nella squadra del mio rione, la Gescal. Con la casacca azzurra ho poi giocato fino alla Primavera”.
“Qualche volta al campo di allenamento “Due Palme” di Agnano – ha proseguito il tecnico campano – Diego si presentava per la partitella del giovedì. Vederlo giocare era qualcosa che a parole non si può descrivere. A volte capitavamo nella stessa squadra, a volte contro. Di aneddoti ce ne sarebbero a bizzeffe, sia del calciatore straordinario, che dell’uomo che non ti aspetti. Il suo talento era sterminato, qualcosa che non si può comprendere e ripetere, ma solo ammirare, come hanno fatto in passato e stanno facendo anche ora tanti dei suoi avversari e di coloro che oggi vengono considerati i suoi eredi. Maradona si poteva solo guardare ed applaudire. Il portiere (Domenico Cecere, ndr) delle giovanili che in allenamento riuscì a parargli un rigore diventò in un attimo famoso in tutta Napoli”.
“L’uomo Diego – ha concluso Colavitto – era invece straordinario nella sua umanità. Ironico, umile, istintivo, generoso, figlio del popolo. Ricordo un Natale regalò a tutti i compagni di squadra una radio a forma di pallone. Credo la conservino ancora tutti gelosamente. Ma la scena che non potrò mai dimenticare, a parte quella immortalata nel quotidiano “Il Mattino” di Napoli, datata 1989, che ci vede contenderci la sfera in allenamento insieme a Di Fusco, Airoldi e Neri, è una scena di quelle che nessuna macchina fotografica o cronista hanno immortalato. Io, giovane difensore, ero piegato nell’atto di allacciarmi le scarpette. Lui, il grande campione osannato da tutti, mi passò vicino e con uno scapaccione mi mandò ‘muso a terra’, regalandomi un sorriso che porterò per sempre nel cuore e con il quale voglio ricordarlo oggi”.
Ciao Diego, ciao campione, grazie per tutte le emozioni che ci hai regalato e fatto vivere. Resterai sempre nei nostri cuori tra le cose più belle e preziose.